ABBIAMO UNA SQUADRA. ORA FACCIAMO L’HELLAS

Ci sono tante buone notizie. Il Verona scavalla il test più duro di questo inizio e lo fa con una moderata sofferenza ma anche con la maturità di chi sa esattamente quali siano i propri limiti e i propri pregi. Sogliano ha affidato a Baroni una squadra che ora bisognerà trasformare nell’Hellas che navigherà in questo campionato. Per mezz’ora contro il Bologna s’è (intra) visto quello che il Verona può e sta tentando di diventare. Una squadra spavalda e rocciosa, che attacca alto e che quando riconquista palla sa giocare con trame e tempistiche di un livello che ci era sconosciuto da molti mesi. Ripetiamo il concetto: si vede un lavoro profondo dell’allenatore e costanti aggiornamenti che ci fanno capire che il momento del rodaggio sia ancora lontano dall’essere finito. Il perché è facilmente comprensibile: la rosa del Verona è stata costruita a rate, pezzi importanti sono arrivati solo a fine mercato e per avere un quadro omogeneo bisogna che tutti arrivino almeno allo stesso grado di forma. Inoltre questa squadra è anche il frutto di tanti compromessi e anche su questo Baroni sta lavorando, cercando di adattare le caratteristiche dei singoli al gioco, come ha spiegato molto bene anche nell’ultima conferenza stampa.

Insomma possiamo concedere al Verona di non essere ancora una macchina perfetta. Ci mancherebbe che non soffrisse col Bologna che ha un organico di alto livello composto da quei giocatori che i ds nel loro gergo definiscono “pronti”, giocatori che il Verona, lo diciamo senza problemi, non poteva permettersi. Ma non è da disprezzare comunque la rosa gialloblù: ci sono pietre preziose da ripulire e ricollocare ma che avranno un futuro certo e anche un presente di soddisfazioni.

Puó funzionare meglio il gioco sulle fasce dove Faraoni rischia di diventare un inaspettato problema e bisogna assolutamente portare a 90 minuti l’intensità e la condizione fisica. Sette punti sono un ottimo bottino alla vigilia di un miniciclo durissimo: Milan, Atalanta, Torino e poi la fida salvezza col Frosinone. Abbiamo una squadra, ora facciamo l’Hellas.

TUTTI GIU’ PER TERRA

Nel caso non si fosse capito a sufficienza: ci sarà da soffrire. Ancora e ancora e ancora di più. Le due partite miracolose che ci hanno portato sei punti sono state un ottimo punto di partenza ma nient’altro. Il Sassuolo ci rimette nella nostra giusta dimensione, cioè quella di una squadra che ha tanti tantissimi limiti tecnici e che per smazzarla fuori deve andare sempre più forte degli altri. Ma molto più forte. E quando ciò non accade, la qualità degli avversari tipo Sassuolo esce e tu esci suonato.

La prima sconfitta coincide con la fine del mercato. Un mercato durissimo di cui forse capiremo l’importanza solo tra qualche mese. Sean Sogliano ha lavorato con la museruola e le manette, prigioniero di budget inesistenti, con la necessità di abbassare il monte ingaggi e al contempo di rivoluzionare una squadra che era evidentemente arrivata a fine ciclo. Ha centrato molti obiettivi, non tutti, non quanti avrebbe voluto. Il ricambio probabilmente doveva essere ancora più “spinto” ma liberarsi di contratti onerosi dopo una stagione pessima come la scorsa era un’impresa quasi titanica.

Fondamentale la partenza di Lasagna, contratto pesantissimo, oggi un po’ spalmato e ricollocato all’interno di una logica sostenibile di mercato. Setti ha retto bene, anzi benissimo ai vari tentativi di prendere il Verona per il collo con offerte a ribasso. Non può sfuggire il cambio di passo dell’ultima settimana in cui il presidente ha rifiutato offerte importanti per Ngonge e Hien, indizio, forse, di una forza finanziaria ritrovata. Vedremo se entreranno nuovi partner, se Setti resterà presidente, se il Verona cambierà padrone. Ma valutando il presente, il fatto che siano rimasti i tre gioielli Hien, Doig e Ngonge e che i sacrifici si siano limitati alle cessioni di Tameze e Sulemana a Setti va fatto un applauso.

Ribadire poi quanto Sogliano sia stato bravo a portare giocatori a basso costo, motivati, funzionali al gioco di Baroni è puramente inutile. Suslov è una ciliegina di grande livello, chi bazzica il calcio internazionale ed è avvezzo a interessarsi ai futuri campioni, sa di cosa parlo.

Baroni, davvero straordinario a barcamenarsi e a trovare la rotta in un momento di grande confusione, ha ora la possibilità di lavorare, finalmente, per plasmare la sua squadra. C’è molto da fare come si è visto a Reggio Emilia. Per esempio: il Verona ogni tanto regredisce allo stato primitivo, quando nella scorsa stagione, per non sapere nè leggere nè scrivere, mandava il pallone sul testone di Djuric, sperando che qualcosa accadesse. Un gioco primordiale che bisognerebbe evitare. Anche perchè, ogni volta che questa squadra gioca con la palla a terra fa vedere cose che avevamo dimenticato. Rotazioni, tagli, inserimenti sulle fasce, tempi di gioco e belle azioni. Bisogna togliere, per quanto possibile quell’impulso alla semplificazione. Altra cosa che Baroni deve cambiare è l’estremizzazione del duello a tutto campo. L’uno contro uno. In certi frangenti stasera sembrava essere tornati a Bocchetti. Palla persa e transizione avversaria di quaranta metri, senza coperture preventive e senza distanze. Non va bene. Mi era parso di vedere un netto cambio su questo fronte, con la squadra sì aggressiva, ma con diagonali, coperture e distanze che finalmente ci allontanavano dall’inimitabile calcio di Juric (il quale, se vogliamo, soffre per il fatto che il Torino non tiene i ritmi che quel calcio impone e per il fatto che ormai ogni avversario si è attrezzato per affrontarlo). Bonazzoli, a mio avviso, non deve partire dalla panchina ma gli va data fiducia e minuti dall’inizio. Dietro, imprescindibile Hien, come davanti Ngonge, il vero fuoriclasse di questo Verona. Non mi convince in pieno, pur capendone le motivazioni, il Folorunsho avanzato. Il torello romano, lo vedo in mezzo a fare legna, accanto ai piedi buoni di Duda. Faraoni meglio recuperarlo dandogli mezz’ora alla fine, che schierandolo dall’inizio. E aspettiamo Lazo, che in precampionato è stato il migliore e che pare avere un grande feeling con il mister. Siamo tornati per terra, non è detto che sia un male.

VI RACCONTO UNA FAVOLA

C’era una volta una squadra che sembrava destinata ad essere la Cenerentola del campionato. Povera, con vestiti stracciati, andava in giro per il calciomercato chiedendo la carità. Nessuno se la filava. Sei brutta, non ci salveremo mai, sarà peggio della scorsa stagione, dicevano in tanti, anche tra i suoi più fedeli tifosi. Poi si giocò la prima partita e Cenerentola si presentó con un cappello da cow boy, jeans e maglietta. Umile e dignitosa. Ma soprattutto pratica e piena di carattere. E vinse. È solo la prima gara disse buona parte del popolo scottato da mille precedenti occasioni. Vediamo con la Roma. E alla seconda giornata Cenerentola mise allora  un bel vestitino da sera, niente di sfarzoso, solo qualche ricamino qui e là, giusto perché c’era l’occasione e non voleva fare brutta figura con uno come Mourinho abituato a ballare alla Scala del calcio. E vinse. Allora anche i più scettici iniziarono a crederci. E così si notò che Cenerentola era davvero una bella ragazza, di quelle che badano alla sostanza e non passano la giornata a specchiarsi con i selfie su Instagram. Non aveva la Ferrari, non si truccava e preferiva pane e salame a ostriche e champagne. Ma aveva fascino, sapeva da dove arrivava e dove voleva andare. Sapeva soprattutto che non bastavano due vittorie a scrivere una bella favola. Ma come inizio di una storia incredibile era perfetto. Cenerentola era nata per soffrire e questa era la sua forza. Guai adesso a pensare che sia diventata una principessa. Non ancora, non adesso.

CHE BELLA GIORNATA

Per una volta non voglio fare quello che fa finta di essere sorpreso dal Verona. No, non lo sono. Per tanti motivi. Nonostante sappia benissimo da quale contesto nasce questa squadra, conosca perfettamente la situazione, sappia perfettamente che sarà un campionato duro e soffertissimo credo che i presupposti siano completamente diversi rispetto alla  scorsa stagione. Intanto mi fido ciecamente di Sogliano. Un appiglio, un salvagente, un punto di riferimento. Sogliano è anche meglio di quando se n’era andato. Più maturo, più arrabbiato, più consapevole della bellezza e della forza di questa piazza a cui è ormai visceralmente attaccato. Ha lavorato in silenzio, in una condizione durissima. La società gli ha chiesto di operare a basso budget (diciamo pure a zero), di ridurre il monte ingaggi e al contempo di iniziare un nuovo ciclo. Sono tre cose che vanno in direzioni diverse, ma Sean sta riuscendo nell’impresa. Guardate gli acquisti: non ce n’è uno che non abbia un senso. Saponara è il classico talento a parametro zero, Mboula una scoperta incredibile, Folorunsho l’uomo giusto al posto giusto, Bonazzoli una scommessa. Nel frattempo il Verona ha ceduto e fatto plusvalenze ed è pure riuscito ad abbassare il monte ingaggi piazzando Ceccherini e Lasagna. altro succederà (e può accadere di tutto da qui alla fine del mercato), ma sono certo che Sean ha già pronte le alternative e non è detto che chi arriverà sia peggio di chi parte…

E poi quest’anno, diciamolo ancora sottovoce ma nemmeno tanto, abbiamo un bravo allenatore. Anche Baroni, come Sogliano, appare l’uomo giusto nel posto giusto. Equilibrato, gentile, ma assolutamente un tipo tosto, determinato, esperto. S’è vista subito la sua mano. Con l’Ascoli il Verona mi era piaciuto molto, fatta la tara sull’avversario e sulla condizione fisica. Ma si vede subito quando dietro ad una squadra c’è del lavoro. E qui ce n’è molto e di ottima qualità.

Ecco perché mi aspettavo questa bella giornata e non sono affatto sorpreso da questo Verona. Avevo scritto qualche settimana fa quando percepivo un’atmosfera di iper pessimismo di stare calmi. Lo ripeto oggi dopo questa vittoria. Stiamo calmi, lasciamoli lavorare. Stavolta non ci tradiranno. Impegno e abnegazione quest’anno non mancheranno mai.

STEMO CALMI… ALMENO PER IL MOMENTO

Non è che non sono preoccupato per il Verona. Anche perché, a ben vedere, la preoccupazione è uno stato d’animo che il tifoso dell’Hellas ha per default. Semplicemente sapevo già che la nostra sofferenza non sarebbe finita a Reggio Emilia. Anzi, sarebbe iniziata proprio in quel momento. I nodi sarebbero inevitabilmente arrivati al pettine.

Si chiama “fine di un ciclo”, the end. Per fortuna è finita con una salvezza, la serie B avrebbe portato così tanti problemi che la nostra preoccupazione attuale sarebbe sfociata in dramma. La serie A garantisce dal punto di vista economico l’introito dei diritti tv.

Abbiamo parlato sino alla nausea di Setti. Può il Verona ambire a un presidente migliore di lui, cioè che abbia più disponibilità economica? Sì, senza dubbio.

Però è anche vero che negli ultimi 40 anni non c’è stato nessuno che ha fatto tanta serie A come Setti. 12 anni di presidenza, 9 anni di serie A, tre promozioni, sono i fatti su cui non si può discutere. Si può discutere di altre cose: della distanza dalla piazza, della mancanza di passione, di una debolezza finanziaria che rischia di essere controproducente. Ma anche su queste questioni si può dire anche il contrario.

La società, dopo tanti giusti sberloni, ha capito quanto importanti sono per noi alcuni dettagli. Le magliette, la storia, l’identità. Come abbiamo stigmatizzato duramente le scelte “fluo” e la maglia verde, dobbiamo apprezzare lo sforzo fatto per la terza maglia di quest’anno, un preciso riferimento storico, con legame verso l’Inghilterra che affascina sempre il tifo scaligero. E anche la festa, sobria ma giusta, per i 120 anni della società sono stati un bel lavoro.

Arrivo al mercato: scrivo questo pezzo il 4 agosto di un’estate che ci sta raccontando la crisi generale del calcio italiano. Non il Verona, ma prima di noi le grandi, le grandissime. Il Milan ha ceduto Tonali per sparare qualche fuoco d’artificio. L’Inter si muove con i piedi di piombo e prima di acquistare ha mollato tutti quei dinosauri che costavano una follia e rendevano pochissimo. La Juventus è devastata. I dirigenti bianconeri farebbero carte false pur di liberarsi di qualche costoso “big”. A Roma non ne parliamo. I giallorossi hanno per ora ceduto tutti i giovani messi in mostra l’anno scorso per rientrare nel fair play finanziario. Plusvalenze piene. La Lazio è una pentola a pressione pronta ad esplodere. Lotito ha dovuto intervenire personalmente per parlare con i tifosi e tre giorni dopo è servito un comunicato per dire che non c’è tensione con Sarri. Excusatio non petita, accusatio manifesta, direbbero i latini tanto amati dal presidente laziale. A Torino, Juric forse sta addirittura rimpiangendo Setti. Resta il Napoli, che con lo scudetto sul petto sta tentando di non cedere Osimhen, e la Fiorentina che investe ma pure incassa (Castrovilli in Inghilterra, esempio).

A guardare quelle che dovrebbero essere le dirette concorrenti del Verona, mi pare evidente che Genoa e Cagliari sono di un’altra categoria (poi vedremo sul campo se hanno acquistato bene), mentre Lecce e Frosinone sono al pari nostro, forse addirittura un po’ sotto. Resta l’Empoli che dovrebbe essere, sulla carta, la quarta a giocarsela e che ha la struttura della scorsa stagione, con lo stesso allenatore e un settore giovanile che continua ad estrarre pepite.

Sogliano sta lavorando come un disgraziato. Se passate alle 10 di sera dalla sede del Verona, vedrete la luce accesa del suo ufficio. E’ un lavoro ingrato e difficile. Bisogna tagliare i rami secchi, abbassare il monte ingaggi e naturalmente dare a Baroni i giocatori che servono. L’unico obiettivo è di mantenere una squadra in cui chi resta a lottare non abbia il minimo dubbio. Chi non dovesse essere allineato credo sarà messo ai margini. Ovviamente bisogna anche preservare il valore patrimoniale dei giocatori, non svalutarli.

Una precisazione che va fatta: è vero che il Verona sta incassando quest’anno oltre 43 milioni, ma quando si dà questo dato, per non essere in malafede, bisogna dire che sono i soldi che la società non ha incassato dalle vendite della scorsa stagione.

Formule di pagamento dilazionate a fronte di giocatori già pagati. Esempio: è vero che arrivano 12 milioni per Simeone, ma è anche vero che ne sono usciti 10 per acquistarlo. Per Ilic hai incassato 15 milioni, ma ne hai speso 14 e mezzo per prenderlo. E via così. Inoltre va anche detto che nella scorsa stagione comunque dei soldi sono stati spesi. Oltre 3 milioni per Cabal, 3 e mezzo per Doig, quasi 6 per Hien.

Insomma stringi, stringi, fisiologiche plusvalenze che servono a tenere in piedi la baracca. Credo che il mercato, come sempre vada giudicato alla fine. Sogliano è un mago del colpo “low cost”, come ha già dimostrato, concediamogli però anche qualche “cantonata” perchè lavorare sempre col budget risicato alza indubbiamente il rischio della scommessa. Il centrocampo sarà sistemato sicuramente (arriveranno almeno due giocatori che possiamo individuare in Akpa Akpro e in Folorunsho), mentre per l’attacco sarà molto più difficile. Bonazzoli rappresenta un’idea abbordabile, poi c’è da sperare che in qualche modo si risollevino i vari Lasagna e Henry. Poi andrà limata la difesa e vanno sostituiti eventuali partenti (Faraoni? Hien? Doig?).

Aggiungo che quest’anno si parte da due certezze in più: un allenatore che ha esperienza, sa lavorare in condizioni difficili ed è molto equilibrato oltre che legatissimo alla piazza. E un ds che dopo la salvezza della scorsa stagione è a tutti gli effetti un cittadino onorario di Verona. Non è poco, ve lo assicuro.

ECCO COSA PENSO REALMENTE DI SETTI

Ma chi è veramente Maurizio Setti? Sono anni che me lo chiedo e francamente non so darvi una risposta. La prima volta che lo intervistai nella vecchia sede, sedeva sulla sedia che era stata di Martinelli. Dissi al mio cameraman che mi aveva colpito per la sua freddezza. Non notai nessuna emozione in lui, nemmeno la scintilla per aver comperato l’Hellas Verona. E’ però un presidente capace e che lascia completa autonomia. Persino chi ha avuto screzi con lui (anche pesanti) glielo riconosce. Con Setti si lavora bene. La filiera è corta, i rapporti sono chiari. Ed è chiaro anche quando parla delle possibilità del Verona. Anche Juric, per esempio, gliel’ha sempre riconosciuto. Setti non vende fumo e non promette avventure europee. Parla di salvezza come del traguardo principale della società. Negli anni è cambiato. E’ arrivato a Verona come se arrivasse da New York e con la spocchia di cambiare la mentalità provinciale dei veronesi. Pian piano e mai sufficientemente rimarcandolo è cambiato lui. Oggi Verona è la sua città, ancora più di Carpi. Quest’anno ha sofferto le pene dell’inferno. Non si aspettava un campionato simile, come a volte fa, ha sottostimato la portata del cambiamento in atto, ritenendo di aver costruito comunque una squadra che potesse salvarsi facilmente.

La mia impressione è che si sia affidato/fidato troppo di qualche procuratore abile nel fargli credere di essere suo alleato ma che nel momento del bisogno è evaporato. Un errore che altri presidenti hanno commesso quando pensano di aver capito tutto del mondo del calcio. Un’altra cosa che so di Setti è che è intelligente. Ha un’intelligenza veloce, ragiona in fretta. Pur non ammettendo mai i propri errori (vi ricordate la famosa sindrome di Fonzie?), in realtà è bravissimo a riconoscere dove ha sbagliato e a cambiare rotta. E’ così veloce nel farlo che a volte si dimentica di essere stato lui a commettere l’errore. Esempio: lui sceglie Cioffi, capisce di aver sbagliato, cambia rotta, e dà la colpa di questo errore a chi difende Cioffi, non tanto come allenatore ma come scelta societaria.

Ma l’errore cruciale di questa stagione, sennò non si capisce di cosa stia parlando, è stato il riscatto di Simeone senza avere la minima intenzione di tenerlo qui. E’ un’operazione che fai solo ed esclusivamente se hai già una società alle spalle che ti “copre” o se hai una sufficiente forza finanziaria cosa che Setti purtroppo non ha. Esempio Iturbe, quando c’era già l’accordo con la Roma. Setti invece ha speso 10 milioni sull’unghia, fidandosi di chi gli aveva garantito che avrebbe comunque fatto un’ottima plusvalenza. Più passavano i giorni più gli bruciava la terra sotto i piedi. Ad un certo punto è stato colto dal panico. Ha iniziato a vendere tutti quelli che poteva vendere, palesando una debolezza finanziaria che per i pescecani che stanno nell’oceano del pallone, era come una preda sanguinante. Alla fine, ma proprio alla fine, ha ceduto anche Simeone, guadagnandoci troppo poco. Sono convinto che se avesse preso 20 milioni da Simeone e 10 da Barak, Caprari sarebbe rimasto qui e tre quarti dei problemi del Verona non ci sarebbero stati.

Ma torniamo a Setti e alla sua capacità di risolvere i problemi. Con Sogliano, dobbiamo ammetterlo, ha fatto un capolavoro. Con Sean i rapporti erano tornati buoni da tempo. Già quest’estate prima di prendere Marroccu, c’era stato un abboccamento con Sogliano. I due si conoscono perfettamente, lo abbiamo già scritto e ognuno sa dell’altro pregi e difetti. In più il tempo ha smussato le asperità. Setti stima Sogliano e il suo modo di gestire la squadra, Sogliano stima Setti per l’autonomia e la chiarezza. Sogliano ha fatto un miracolo, una clamorosa impresa sportiva, con la squadra sprofondata in B a novembre. Setti ne gode i frutti perchè la B era una mazzata finanziaria forse letale.

Il prossimo sarà il quinto campionato consecutivo di Setti in serie A. Pur tenendo presente che oggi un presidente di serie A ha delle entrate che in passato non erano minimamente ipotizzabili (bisognerebbe giudicare Arvedi, Martinelli e anche Pastorello con quasi 40 milioni di diritti garantiti), Setti è nettamente il miglior presidente post scudetto. Non è un giudizio, sono i numeri a dirlo. Nei suoi undici anni di presidenza ne ha vissuti nove (con il prossimo) nella massima serie. Ci sono stati campionati bellissimi, grandi giocatori e un paio di anni veramente pessimi. Quello appena chiuso poteva essere annoverato tra questi, ma comunque già il fatto che la squadra aveva tenuto aperti i giochi fino alla fine era una consolazione. Setti dimostra ai veronesi che avevano isolato Martinelli che non solo il Verona è una meravigliosa realtà sportiva, la più importante di gran lunga in questa città (per favore non facciamo nessun paragone con nessun altro sport perché è offensivo persino) ma che può anche diventare un ottimo business. Vogliamo rimproverarlo di questo? Io non me la sento, per quanto mi sforzi. Mi arrabbio molto di più con chi teorizzava fusioni e che giustifica il mancato impegno nel calcio con la “terribile tifoseria del Verona”, così terribile da applaudire quando si va in C. Ma per favore…

Ora Setti dovrebbe fare un serio esame di coscienza. Non con noi, ma prima di tutto con se stesso: è ancora in grado di garantire un futuro a questa società? Si può ipotizzare una crescita o si deve solo ed esclusivamente pensare a cortissimo raggio? Vi dico subito che a me sta roba degli americani, di ‘sti fondi che arrivano con chissà quali scopi, con gente che non ha nemmeno l’idea di cosa sia il calcio, non è chi mi faccia così impazzire. Credo che qualcosa ci sia stato e che per qualche motivo sia saltato. Ecco: se Setti ritiene di avere ancora benzina, io, ve lo dico con la consueta franchezza mi tengo Setti. Se invece siamo ormai alla “frutta” allora s’impone che il presidente metta il Verona sul mercato e fissi un prezzo congruo. Nel frattempo prepariamoci ad un altro campionato con l’elmetto in testa. Ma non è che ci spaventa dopo tutto quello che abbiamo passato…

A VOLTE I MIRACOLI ACCADONO

A volte i miracoli accadono. La salvezza del Verona è uno di questi casi. Ricorderemo l’incredibile campionato 2022/2023 come le grandi gesta epiche del passato. Lo spareggio di Busto, quello di Reggio Calabria. Siamo già nel campo della leggenda. Il Verona è riuscito a colmare il gap dallo Spezia, a braccare gli avversari, a fare 26 punti da gennaio a oggi. Ha buttato via anche tante occasioni, ha fatto arrabbiare, disperare, gioire. Mai si erano vissute tante emozioni così contrastanti tutte in una stagione. Oggi è il giorno della festa, ma è giusto fare anche delle riflessioni. Setti ha compiuto un errore madornale di presunzione quando ha pensato che togliendo sessanta gol a questa squadra e quindi di fatto smembrandola, si potesse lo stesso rimanere competitivi. Un errore che si è sommato al fatto che un ciclo storico era finito, con l’addio di Tony D’Amico. Setti ha sbagliato allenatore e direttore sportivo. Marroccu, brava persona ed onesta, non era la figura adeguata per sopportare un simile cambiamento. Cioffi, un allenatore giovane ed inesperto è stato mandato allo sbaraglio, privo di qualsiasi protezione. La squadra era un impasto mal riuscito di una vecchia guardia ormai logora e altri acquisti che mal si adattavano a schemi e abitudini. Il Verona della prima parte del campionato è stato disastroso. Sono stati sbagliati letture e tempi d’intervento. Il 13 novembre prima della sosta il Verona era ultimo a cinque punti. Praticamente retrocesso. Setti in quel momento ha preso la miglior decisione possibile: richiamare Sean Sogliano, il vecchio ds con cui aveva rotto e consegnargli le chiavi del Verona. E’ la mossa decisiva della stagione. Sogliano entra nello spogliatoio e con una straordinaria capacità di analisi diagnostica tutti i mali della squadra. Un lavoro eccezionale di equilibrio e decisionismo. Prima mossa: confermare il giovane ed inesperto Bocchetti che Sogliano non ritiene la causa principale del problema per il semplice fatto che Bocchetti non è mai stato messo nella condizione giusta di allenare. Lo supporta, lo guida, gli affianca una brava e leale persona come Zaffaroni che un po’ fa il mediatore e un po’ il consigliere, oltre che risolvere la grana burocratica del patentino. Il Verona pian piano si riprende. Il mese di gennaio che poteva essere la fase conclusiva del campionato è invece il trampolino verso la rimonta. Con la cappa enorme sulla testa di non poter mai sbagliare una partita, i gialloblù giocano una, due, dieci finali. Una rincorsa che alla fine è logorante. Nella testa prima che nelle gambe. Così ogni volta che l’Hellas sta per spiccare il volo, succede che invece viene riportato sulla terra. Succede con la Fiorentina in casa e poi ancora nel finale di campionato, dopo che con la vittoria straordinaria con il Lecce, si era toccato il cielo con un dito. La sconfitta con il Torino in casa ma soprattutto il pareggio con l’Empoli al 97’ al Bentegodi, sono due mazzate che piegano gambe, morale e testa. Questo ottovolante incredibile condiziona il giudizio sui due allenatori. Il Verona gioca spesso malissimo, frutto di una tensione emotiva che impedisce alla squadra di sviluppare temi tattici, di fare due passaggi di fila. Non si tiene sufficientemente in conto, nel giudizio, che il Verona da gennaio a oggi ha comunque fatto 26 punti andando a una media che sarebbe stata ampiamente sufficiente per salvarsi. Ballardini alla Cremonese, Stankovic alla Sampdoria e Semplici allo Spezia, tutti blasonati tecnici al confronto di Bocchetti, hanno fatto molto peggio di Sasà. Sono dati oggettivi e non vale in questo caso l’ipotesi che con un altro allenatore il Verona si sarebbe salvato prima.

In un modo o nell’altro, il Verona arriva anche allo spareggio. Solo pochi e incredibili tifosi credono a questo punto ancora nella salvezza. In molti hanno abbandonato la barca da tempo. L’Hellas non è favorito nella partita secca con lo Spezia, ma gioca la miglior gara della stagione. Il primo tempo è un capolavoro che riabilita il lavoro di Bocchetti e di Zaffaroni.
Poi nel secondo tempo è il nome di Lorenzo Montipò a essere iscritto a caratteri d’oro nella storia del Verona. Montipò prende tutto quello che c’è da prendere, ma soprattutto para un rigore a Nzola che poteva cambiare l’inerzia della gara. 

Il Verona si è salvato, ma Setti non deve scambiare questo straordinario risultato come il frutto della sua bravura. Il rischio corso è stato elevatissimo, il baratro era veramente ad un passo, il futuro della società messo a repentaglio.

Bisogna però oggettivamente osservare che il prossimo sarà il nono anno in cui questo presidente così anafettivo e poco empatico, mantiene la squadra in serie A nei suoi undici anni di permanenza a Verona. Come mi ha fatto notare un vecchio tifoso dell’Hellas, memoria storica della squadra gialloblù stamattina alle 2 mentre il pullman entrava in piazza Bra, solo il mitico Saverio Garonzi ha fatto meglio di Setti nella storia di questa società, con 10 campionati nella massima serie. Nel momento in cui si critica questa presidenza (e noi lo abbiamo sempre fatto) dobbiamo anche pensare che Verona e i suoi imprenditori hanno guardato da un’altra parte e spesso hanno messo la testa sotto la sabbia quando si trattava di prendersi cura di questo bene prezioso per la città. A Setti va fatto capire che il Verona va vissuto con passione e non solo come fonte di guadagno. Nessuno gli ha mai chiesto di fare il passo più lungo della gamba, nessuno gli ha mai fatto una colpa di non essere ricco come Moratti o Berlusconi. Ma stride, in questo contesto di morigeratezza, uno stipendio faraonico che è legittimo ma moralmente foriero di un messaggio contrario al lacrime sudore e sangue imposto ai tifosi. C’è molto da lavorare quest’estate, tante decisioni da prendere e una certezza. Mai più una stagione del genere. 

È LO SPEZIA AD AVER BUTTATO LA SALVEZZA DIRETTA. PER IL VERONA LO SPAREGGIO È GIÀ UN SUCCESSO

Ce la giocheremo. Come forse è giusto che sia. Noi contro loro. Non per scegliere la migliore ma la meno peggio. Pensare che il Verona di Malesani retrocesse a 39 punti e oggi il Verona di Bocchetti farà lo spareggio a 31 ci dà l’idea di quanto il calcio italiano sia peggiorato in questi vent’anni. Probabilmente oggi la squadra di Malesani non sarebbe retrocessa ma si sarebbe giocata un posto in Europa League. Ma noi è in questo campionato e inn questo calcio che dobbiamo stare ed è con questa squadra che ci dobbiamo salvare. 

Non mi piace questo gioco al massacro che si sta facendo sul Verona. Vedo cose strane attorno all’Hellas. Troppo strane. Come se volessero farci pagare la debolezza di un presidente che appare ormai inadeguato a guidare la società scaligera. L’arbitraggio di Valeri a Milano è stato scandaloso, ma non vi sarà sfuggito cosa è successo a Roma. 15 minuti di recupero, un rigore negato alla Roma, lo Spezia tenuto in partita. Non sono d’accordo con chi vede uno Spezia favorito. La squadra di Semplici si è fatta risucchiare dal Verona, ha perso otto punti nei nostri confronti, non è riuscita a scrollarsi di dosso il povero Hellas che il 13 novembre era morto e sepolto. Questa è già la nostra vittoria ed è la sconfitta dello Spezia che arriva a questo spareggio avendo incassato le fortunate vittorie con Inter e Milan. Il Verona ha sciupato tante occasioni, è arrivato col fiato corto a questo spareggio. Ma forse non così corto come potrebbe sembrare. L’Hellas recupererà giocatori importanti, c’è una settimana per lavorare sulle gambe e sulla testa dei nostri ragazzi che sono ormai abituati a questi “spareggi” visto che è da gennaio che li giocano, ogni settimana una partita da dentro o fuori. Non è finita, finchè è finita. Domenica prossima sapremo il nostro destino. 

ULTIMA FERMATA MILANO

Illudersi e poi tornare sulla terra. Anzi sotto. Illudersi e poi morire. Illudersi per l’ennesima volta, soffrire come bestie, accarezzare l’idea di essersi quasi salvati e poi rimettere tutto in discussione. Dopo Lecce, oggi, dopo l’Empoli. L’Hellas ha buttato alle ortiche una vittoria che l’avrebbe avvicinata al sogno di salvarsi, ha trovato un Empoli che ha onorato l’impegno sino alla fine, con senso sportivo così elevato da far notizia. Noi che siamo italiani non ci siano abituati. Infatti ci fa strano e ci chiediamo perchè l’Empoli già salvo abbia giocato gli ultimi dieci minuti come se dovesse andare in Champions. In realtà dovremmo chiederci perchè non lo fanno tutte e non lo fanno sempre. Tipo l’Udinese qualche settimana fa contro il Lecce in una partita stucchevole o lo stesso Lecce contro lo Spezia.

Ora siamo tutti a criticare quegli ultimi sette minuti di recupero in cui la squadra, scarsa e piena di problemi, non è riuscita nemmeno a rendere la gara un carnaio, una guerriglia urbana in ogni zona del campo. E’ questo che fa incazzare. Almeno vedere un Verona brutto, cattivo e soprattutto sporco che azzanni qualche caviglia degli avversari, che spari la palla verso le tribune, che perda tempo. Niente, niente, niente… Accidenti a voi… Djuric che è in campo solo per spizzare e difendere palloni là davanti cade senza nemmeno un sussulto, Abildgaard rincula come se avesse un elasticone che lo tira verso la porta, Magnani che tocca col ginocchio il tiro di Stojanovic deviandolo in porta.

Ora manca l’ultima battaglia che solo grazie al generale Ivan che ha “rullato” lo Spezia come una delle sue sigarettine fatte a mano, ci permette di tenere viva la speranza. Sarà un’ultima battaglia, a Milano, col Milan rivale storico. Mai l’Hellas nella sua storia ha vinto a San Siro, nemmeno negli anni d’ora di Bagnoli. C’è sempre una prima volta, si dice. Sarebbe bello che il momento fosse arrivato. Vai Hellas, fino alla fine. Quando, tra l’altro si faranno i conti di questa pazzesca annata. Non è finita, finchè non è finita.

CREDERCI ANCORA NON COSTA NIENTE

Mi pare di essere uno di quei preti che devono spiegare l’esistenza di Dio a chi ha appena subito un lutto. E non solo: devono anche dire che Dio è buono. Dicono che per tutto c’è un disegno e forse è vero. Non so quale sia il disegno che la divinità ha in serbo per noi del Verona, so che crederci oggi è un atto di fede estrema. Beato chi ce l’ha.

Cerchiamo di procedere allora non con la cieca fede gialloblù ma con la più illuminante ragione. Non è finita perché la matematica ancora non ci condanna. Non è finita perché senza la papera di Montipò a Bergamo il Verona ha dimostrato di non essere ancora morto. Non è finita perché le nostre avversarie non stanno messe tanto meglio di noi. Non è finita perché è la legge suprema della sport che impone di crederci fino in fondo.

Oggi è facilissimo farsi prendere dallo scoramento e dal pessimismo. E francamente ci sono pochi segnali confortanti che arrivano dal campo. A cosa, a chi ci aggrappiamo? Vedi un guerriero come Faraoni che ormai sventola bandiera bianca e ti viene voglia di andare al Lago a bere lo spritz domenica prossima alle 12.30. Bisogna battere l’Empoli. Non c’è scampo stavolta. In un modo o nell’altro bisogna batterlo. Giocando bene, giocando male, buttandola dentro con il didietro. Bisogna vincere. Magari con un rigore, come quello di Bergamo su Gaich e con un arbitro che magari si faccia venire il dubbio.

Per mio carattere odio perdere senza lottare. Odio tutti i messaggi whatsapp che puntualmente mi arriveranno da domani mattina: ormai siamo in serie B. Ma accidenti… Che cosa aggiungete con il vostro sfigopessimismo al già sfigatissimo Hellas Verona che ha dovuto in un anno solo sorbirsi: le svendite di Setti, le conferenze stampa di Marroccu, Cioffi prima predestinato poi scaricato, Bocchetti, Bocchetti e Zaffaroni? Crediamoci, o popolo di infedeli. Che cosa ci costa in fondo? E non mandatemi più messaggi su whatsapp. Fino a dopo la gara con il Milan. Grazie.