Mai come in questo tragico frangente il primo, incontestabile, diritto è quello alla cura, ad essere curati; almeno ad avere la garanzia che ci provino.
Il Messaggero, quotidiano di Roma, fa un titolone critico in prima pagina sui “Positivi in fuga verso il Lazio”. Parla di “Oltre duecento pazienti in venti giorni arrivati dalla Campania: violata la zona rossa. La Asl di Latina: il caso segnalato all’autorità giudiziaria”.
Trovo il tutto vergognoso. Siccome sono in fascia rossa, e con i loro ospedali al collasso, i campani dovrebbero restare a crepare senza cure a casa loro? Ciascuno di noi al posto loro farebbe lo stesso: in fuga sperando di trovare chi ci curi; di trovare il rispetto per questo inalienabile diritto.
D’altronde è già successo nella prima ondata: diversi mantovani sono venuti a farsi curare in Veneto; e la regione non li ha respinti, i giornali veneti non sono insorti come il Messaggero.
Senza aggiungere che è così da sempre. Col disastro sanitario in tanta parte del Sud, una folla di meridionali venivano a farsi curare in Lombardia, in Emilia, in Veneto.
Ci sono regioni impegnate a garantire un servizio sanitario quantomeno decente. Altre che pensano anzitutto a trattare i voti con la ‘Ngrangheta per farsi eleggere consiglieri comunali (vedi notizia sugli arresti in Calabria).
Chi poteva permetterselo andava anche all’estero. Ad esempio negli Stati Uniti dove le terapie oncologiche (a pagamento) sono all’avanguardia da sempre.
Tornando alle nostre regioni, queste differenze sono comunque inaccettabili. Se e quando, passata la pandemia, proveremo a fare qualche riforma seria, la prima dovrebbe essere cancellare (o quantomeno ridurre) il divario sanitario. Oltre al diritto alla cura c’è infatti il diritto di ottenerlo dove vivi e lavori, senza essere costretti a diventare migranti per motivi di salute…