L’agonia del Padova continua. E la sensazione che non finirà, se non con la naturale conclusione della stagione, si fa sempre più strada nel cuore dei tifosi, costretti anche contro il Piacenza ad assistere nuovamente ad una prestazione dalla doppia faccia. Ad un primo tempo su buoni livelli e all’ultima parte del secondo in preda ai fantasmi di sempre, a paure, a timori, a leggerezza che puntualmente si materializzano quando li si prova.
Stiamo parlando con l’umore evidentemente marchiato a fuoco da quanto visto all’Euganeo domenica e magari tra qualche giorno tornerà a farsi largo nel nostro animo così martoriato dalle recenti vicende biancoscudate un pizzico di speranza, o forse chissà pia illusione, che davvero ad un certo punto la ruota possa girare e farlo non solo per una giornata. Ma è ormai chiaro che ci troviamo di fronte ad una squadra immatura e irresponsabile. Immatura perché non fa mai tesoro degli errori passati, ci ricade dentro con agghiacciante disinvoltura e non si rende conto che, continuando a ripetere le stesse azioni, non farà altro che portare a casa le stesse delusioni. Irresponsabile perché non comprende fino in fondo che, continuando su questa falsa riga, allontanerà da sé anche gli ultimi irriducibili tifosi che le sono rimasti, quelli che senza il Padova non sanno stare, quelli che la domenica è lo stadio, la partita, il pallone e non hanno l’alternativa delle strisciate perché la loro fede è interamente biancoscudata. Già nel freddissimo e anaffettivo Euganeo è fatica mettere in moto la passione e gli spalti si svuotano prima del novantesimo se il Padova non fa la prestazione fino in fondo. Ci mancava solo, contro il Piacenza, la farsa finale degli irrigatori impazziti che partono da soli e inondano il campo con la partita ancora in corso. Come non fossimo già abbastanza cornuti e mazziati per il semplice fatto che tifiamo Padova.
Questo spiacevole episodio ha reso una volta di più l’idea di una situazione allo sbando. Può infatti anche capitare di sbagliare la programmazione di un qualunque marchingegno, per carità, ma che nessuno sia stato in grado di intervenire in pochi minuti per fermarlo, se non il povero Radrezza che ci ha messo sopra un sacco di sabbia appoggiandoci i piedi, ha dell’incredibile ed è di una gravità inaudita. Ormai tutto è sfuggito di mano a chi di dovere: la squadra che dà segnali a corrente alternata, l’allenatore che non riesce più a dare le giuste sollecitazioni e motivazioni e che in sala stampa era più desolato che arrabbiato, addirittura l’impianto di irrigazione dello stadio Euganeo. Se possiamo, a fatica, arrivare a capire i limiti caratteriali di un gruppo che non ne ha più di così, non possiamo accettare di farci ridere dietro per superficialità e incapacità di gestione. C’è un limite a tutto. La società non può e non deve permetterlo, mai più.