E’ vero. Ci siamo illusi talmente tanto di poter vedere il Padova ingranare la marcia giusta da aver perso il conto del numero delle volte in cui le belle sensazioni della vigilia si sono trasformate in ceffoni in pieno viso dopo la prestazione sul campo. E’ vero: è dall’inizio del campionato che questa squadra ha dei limiti pazzeschi e ogni volta che prova a superarli cade rovinosamente su un errore, una disattenzione o una giornata storta. E’ vero: dopo il filotto di vittorie di inizio stagione, griffato Caneo, ci eravamo illusi di poter arrivare perfino primi, vista anche la generale mediocrità del girone A. E’ vero, abbiamo preso 5 gol a Crema al termine di una partita da vergognarsi. E’ vero: pensavamo che il gioco di Bruno Caneo, così frizzante e votato all’attacco, ci avrebbe almeno fatto divertire, e l’allenatore sardo alla fine ha pagato con l’esonero la mancanza di risultati. E’ vero, quando è arrivato Torrente abbiamo pensato che lo spettacolo poteva anche essere sacrificato nel nome di un maggiore equilibrio e della continuità e la continuità tanto agognata non è arrivata perché con il nuovo tecnico non abbiamo mai fatto due vittorie di fila. E’ vero abbiamo battuto la Pro Vercelli e non siamo poi riusciti a strappare la vittoria della consacrazione a Vicenza, pareggiando comunque con onore, è vero siamo andati a imporci 3-0 sul campo della Pro Patria, commuovendoci al primo gol in biancoscudato del padovano Radrezza, ma poi non siamo riusciti poi, aldilà del buonissimo 1-1 contro l’allora capolista Pordenone all’Euganeo e dello 0-0 contro l’attuale prima e probabilmente futura promossa in B Feralpi, a tenere vivo quello stato di grazia dell’anima facendoci fare altri 3 gol a domicilio dalla Pergolettese. E’ vero vincevamo a Verona contro la Virtus fino al 95’ e ci siamo fatti fare un gol da polli all’ultimo respiro, riuscendo poi solo per il rotto della cuffia a pareggiare in casa contro l’allora fanalino di coda Triestina. E’ vero abbiamo poi pareggiato anche contro l’ultima in classifica di due settimane dopo, il Piacenza e a momenti pure a Bergamo abbiamo rischiato di prendere il pari dopo che ci eravamo spinti nelle tranquille acque di un 3-1 che sembrava messo sotto chiave.
Anche a Meda, tra parolacce (tante) e applausi (troppo pochi), il Padova è sbarcato forte di 7 risultati utili consecutivi ed è caduto. E’ vero, se mettiamo insieme tutte le occasioni in cui si poteva ripartire e ci siamo miseramente arenati è davvero difficile continuare a fare esercizio di fiducia.
Ma delle due l’una: o chiudiamo baracca e burattini oggi, delusi e amareggiati, prenotando le ferie tra fine maggio e giugno e smettendo di credere tout court in questa squadra che comunque, seppur a sprazzi, qualche emozione l’ha generata, oppure riguardiamo la prestazione di Meda, salviamo quel che di buono c’è stato e continuiamo ad alimentare la debole fiammella della speranza che, in questa parte finale, qualcosa di buono possa uscire dal cilindro del campionato biancoscudato.
Delle due l’una, appunto. Forse vale ancora una volta, per l’ultima volta, la pena scegliere la seconda strada.