Un colpo di coda che ci voleva. Per chiudere il 2021 col sorriso, con lo stato d’animo carico di buone aspettative per il nuovo anno e in vista del girone di ritorno.
La vittoria dei biancoscudati sul Renate ha riconciliato la città con la sua squadra di calcio al momento giusto, dopo una serie di pareggi e prestazioni che non erano stati all’altezza di quanto visto nella primissima parte del campionato. Gli attori principali del successo sono stati i “tre tenori”, Ronaldo, Chiricò e Ceravolo, questi ultimi con due gol di rara bellezza e qualità, ma il merito del ritorno al successo va all’intensità e allo spirito messo in campo dall’intera squadra in entrambe le fasi. Anche in quella difensiva, dove fino all’ultimo minuto il pubblico sugli spalti ha potuto ammirare i ripiegamenti di Chiricò, mai stanco di rincorrere gli avversari in ogni zona del campo per portar loro via il pallone. Fondamentale l’apporto di Saber nel mezzo, rincuorante e non poco il rientro di Bifulco nel tridente d’attacco, straordinaria la grinta del sempre presente Monaco in difesa, fondamentale il contributo dato da tutti i subentrati, da Settembrini a Jelenic passando per Ajeti e Cissè. Proprio a loro è andato il pensiero di fine partita del capitano, Ronaldo, che, giustamente, come ogni capitano che si rispetti, ha voluto lodare tutto il suo equipaggio.
Un plauso va anche all’allenatore Massimo Pavanel che sapeva di giocarsi ben più del secondo posto in classifica contro il Renate. Ha assicurato in più occasioni che il suo Natale sarebbe stato comunque sereno, perché il piano professionale e quello familiare bisogna sempre saperli tenere distinti, ma con questi 3 punti è ricca la boccata d’ossigeno che è arrivata anche al suo percorso in biancoscudato. La squadra passerà qualche giorno in famiglia, poi, ripartirà alla grande, mettendo birra sulle gambe e facendo fruttare al meglio dal punto di vista mentale questa ventata di rinnovata fiducia. Sotto l’albero ognuno metterà la voglia di arrivare in fondo davanti a tutti gli altri e nel 2022 proverà a trasformare questo desiderio in solida realtà.
LA STRADA E’ ANCORA LUNGA…
Il Padova ha perso l’occasione di avvicinarsi alla vetta, non andando oltre lo 0-0 in casa contro la capolista fin qui ancora imbattuta Sudtirol, ma non è retorica sottolineare anche in questo caso che siamo a un passo dalla fine del girone d’andata e che davvero manca ancora tanto, troppo, alla conclusione di questo campionato. Le prime sei giornate avevano illuso un po’ tutti, col Padova primo a punteggio pieno che sembrava destinato a non fermarsi più e a mantenere il primato fino alla fine. Non è stato così, ma solo fino a un certo punto per demeriti del Padova stesso: è la squadra altoatesina ad aver fatto fino a questo momento una stagione da record, a non aver mai perso, ad aver incassato solo 5 reti, come nessun’altra squadra professionistica in tutt’Europa. Certo i biancoscudati qualche punto per strada l’hanno lasciato ma essere arrivati fin qui a quota 38, con 11 vittorie, 5 pareggi e 2 sole sconfitte non è male. L’anno scorso i biancoscudati chiusero il girone d’andata a 39, c’è ancora il match con la Virtus Verona a disposizione per poter permettere loro di ritoccare il punteggio verso l’alto.
Sono comunque i pareggi portati a casa contro le ultime della classe in questo momento a lasciare un pizzico di amaro in bocca, non certo il pari contro il Sudtirol che, appunto, si è dimostrato squadra quadrata, stretta tra i reparti, concreta, pronta a chiudersi a riccio e a ripartire in ogni occasione non dando punti di riferimento. Lo 0-0 è stato il risultato più giusto, come hanno sottolineato a fine gara sia Massimo Pavanel che Ivan Javorcic.
Il Padova può anzi recriminare un po’ di più per il fallo di Da Col su Germano che l’arbitro ha visto fuori dall’area all’83’. A vederlo e rivederlo a tutte le velocità possibili si fa sempre più strada l’impressione che si tratti di un calcio di rigore negato. Un rigore che a quel punto della partita avrebbe potuto spalancare agli uomini di Pavanel la strada verso la vittoria e al Sudtirol quella verso la prima sconfitta stagionale. E’ andata così. Ma in cuor suo il Padova deve sapere che d’ora in avanti un piccolo credito con la fortuna ce l’ha e prima o poi passerà all’incasso. Magari in partite più determinanti di questa.
E CI RISIAMO…
Era prevedibile che al fischio finale di Giana Erminio-Padova sugli spalti occupati dai tifosi padovani si scatenasse l’inferno. I supporters biancoscudati hanno infatti assistito alla terza partita contro l’ultima in classifica in cui Ronaldo e compagni non sono riusciti ad andare oltre un deludente pareggio. Era successo a Sesto San Giovanni contro la “Pro”, in cui il Padova aveva incassato il 2-2 nei minuti finali, era successo a Mantova, dove all’iniziale vantaggio di Ceravolo, aveva risposto Bertini su punizione, è successo al “Città di Gorgonzola” dove la truppa di Massimo Pavanel si è ritrovata addirittura a dover recuperare un gol di svantaggio, preso in maniera clamorosa, con Tremolada libero di farsi tutta la fascia e di mettere in mezzo il più invitante dei palloni senza che nessuno sia riuscito minimamente a contrastarlo. Non Ronaldo, non Germano, non i difensori centrali, desaparecidi. Era normale, dicevamo, che il pubblico di fede padovana non avrebbe nascosto il suo disappunto e avrebbe innanzitutto invitato, come è stato, i giocatori a tirare fuori gli attributi. E’ difficile infatti trovare le parole di fronte ad un primo tempo letteralmente regalato, a una ripresa in cui ci si è svegliati solo dopo il gol del pari di Della Latta e, in generale, davanti a una squadra apparsa eccessivamente nervosa e inconcludente. Dopo che nelle ultime uscite, a Piacenza, con la Pro Vercelli e contro la Juventus Under 23, si era finalmente rivisto il Padova combattivo e sul pezzo di inizio stagione.
I giocatori sono andati sotto la curva e si sono giustamente presi le critiche, ma i primi a farsi avanti, quasi a scavalcare la squadra per metterci la faccia a muso duro, sono stati il direttore sportivo Sean Sogliano e l’allenatore, Massimo Pavanel, come a dire: se non li avessimo tirati fuori gli attributi questa partita l’avremmo persa. Si è subito capito che Pavanel, pur riconoscendo che la sua squadra nell’approccio è stata irriconoscibile, non accetta di sentirsi dire che deve mettersi da parte, anzi. Il tecnico vuole continuare a lavorare, a impegnarsi, a volere il bene di una piazza che ama e che vuole portare in B.
E’ però indubbio che qualche problema questa squadra ce l’abbia. E’ troppo ondivaga, non è costante, alterna prestazioni con approcci devastanti a partite in cui si fa devastare dall’avversario, specialmente quando è di bassa classifica e e sa dare fastidio. La società si è affrettata a dire che Pavanel non è in discussione e ci mancherebbe ma domenica prossima contro il Sudtirol, nell’attesissimo e accesissimo scontro diretto, il Padova non può sbagliare, visto che gli altoatesini sono volati nuovamente a +6. E da lì in poi non ci si potranno più permettere passi falsi non tanto nel risultato quanto nell’atteggiamento. Continuità, stabilità, equilibrio, chiamiamo quel che è mancato a Gorgonzola e in altri campi con qualunque nome, l’importante è ritrovarlo, subito, senza riperderlo più.
L’INNO ALLA GIOIA
La domanda mi è sorta spontanea e forse era la più scontata che potessi fare a Massimo Pavanel al termine della sfida che ha sancito il ritorno alla vittoria in casa contro la Pro Vercelli dopo il successo di Piacenza della domenica precedente. “Cosa è cambiato nella vostra testa nelle due settimane in cui vi siete ritrovati a non poter giocare per via del rinvio della sfida contro la Juventus Under 23?”. La risposta dell’allenatore del Padova però è stata tutt’altro che scontata, così come non erano state scontate le frasi che aveva usato il giorno prima per caricare squadra e ambiente prima della partita con la “Pro”, dicendo “Siamo il Padova: ce la dobbiamo giocare contro tutto e contro tutti!”. Mi ha profondamente colpito e per questo la riporto qui: “Ai giocatori ho semplicemente fatto presente che devono essere consapevoli di giocare in una piazza importante e affamata di calcio, che è pronta a spingerci se noi le diamo gli input giusti. Spetta proprio a noi dare i giusti segnali. Dobbiamo rinforzare lo spirito di squadra, sapere di essere il Padova ed essere orgogliosi di scendere in campo per vincere. Non dobbiamo sentire la pressione: le pressioni sono altre nella vita, sono quelle di un operaio che si sveglia alle 5 del mattino per andare a lavorare in miniera. Scendere in campo per giocare a calcio per noi deve essere un inno alla gioia, un inno alla vita. Vivendola così, ho detto ai ragazzi, vedrete che si farà molto più leggera la cosa…”.
Inno alla gioia. Inno alla vita. Musica per le mie orecchie. E anche, spero, per quelle dei tifosi. Ecco quali sono le corde toccate dall’allenatore nel momento di crisi della squadra dopo il pari di Mantova e il momentaneo -9 dal Sudtirol. Le corde del cuore. Le corde del senso di appartenenza a una città che è sì esigente con la sua squadra, specialmente dopo la doppia mancata promozione della passata stagione, ma che è pronta a dare il massimo sostegno se viene “solleticata” dai giusti input. Se si trova di fronte un gruppo che non fa mai venire meno la prestazione, che tiene duro, che non molla fino al 97esimo e oltre. Certo il Sudtirol continua a volare, a non perdere, a non subire gol, ma in questo momento davvero meglio non guardare in casa d’altri e perseverare in questo percorso di crescita mentale e interiore che può portare lontano, anche e anzi soprattutto in termini di classifica.
REAZIONE DA GRANDE SQUADRA, ORA EQUILIBRIO
Dopo due settimane di sosta (forzata perché contro la Juventus Under 23 non si è potuto giocare per via del rinvio chiesto dai bianconeri mica perché si sono fermati tutti!) il Padova ha lanciato il segnale che doveva lanciare in terra piacentina. Lo dico subito a scanso di equivoci o di (apparenti) facili entusiasmi: il Piacenza visto all’opera al “Garilli” domenica scorsa ha fatto davvero poco per provare a tirare dalla sua parte l’inerzia della partita. Ma il Padova ha comunque disputato fin dal primo minuto la partita che doveva disputare, stroncando sul nascere qualunque velleità dell’avversario, comportandosi da squadra con gli attributi. Da squadra che, nel momento della critica feroce, non si è indebolita piegandosi ulteriormente su sé stessa ma ha invece sollevato la testa mostrando che sì, qualche problemino c’è stato e c’è ancora da risolvere, ma che la qualità è quella della squadra che merita di sostare nei piani alti della classifica.
Il ciclo di partite che mancano da qui al 21 dicembre (Pro Vercelli in casa, Giana Erminio fuori, Sudtirol all’Euganeo, Virtus Verona al Gavagnin Nocini e Renate all’Euganeo il 21 dicembre) dirà molto (ma non ancora tutto) sulla posizione in classifica che potrà essere occupata dai biancoscudati a fine stagione. Bisogna però affrontarlo con equilibrio. Senza esaltarsi quando si vince, senza deprimersi se si perde, senza intristirsi se arriva un pareggio in una gara in cui ci si aspettava di vincere. Non è facile a Padova far proprio questo concetto, ma bisogna provarci (ed evidentemente lo dico a me stessa per prima!). A fine 2021 poi tireremo le prime somme della stagione.
PADOVA, ORA L’OUTSIDER SEI TU
La corsa del Sudtirol nel girone A di serie C non si ferma. La squadra altoatesina ha vinto anche questa domenica, battendo 2-1 il Seregno in trasferta e conquistando il successo numero 11 in stagione, con soli 3 gol al passivo. Ora è prima con 36 punti, a +7 dal Renate secondo e a +9 dal Padova, costretto a rimanere alla finestra per il rinvio della sfida contro la Juventus Under 23 e scivolato addirittura al quarto posto.
A guardare la classifica è normale provare un po’ di scoramento, visto che fino a poche settimane fa in alto c’erano i biancoscudati, primi a punteggio pieno in seguito alle 6 vittorie nelle prime 6 giornate di campionato e comunque davanti a tutti fino alla nona giornata, quella della vittoria sul Trento, ma non è ancora arrivato il momento di demoralizzarsi del tutto. Sarebbe l’errore più grave. Innanzitutto perché siamo appena alla 14esima giornata e non ha proprio senso pensare che il destino della stagione sia già scritto: i campionati si vincono in primavera e questo il Padova lo sa benissimo perché è stato proprio nell’ultima parte del torneo che l’anno scorso se lo è fatto sfuggire, dilapidando un vantaggio di 7 punti in poche giornate. C’è poi da dire che il Sudtirol visto nel recupero contro il Legnago e nella sfida al Seregno non è squadra irresistibile: è vero che ha vinto entrambe le partite e che mister Javorcic è riuscito in questi primi mesi di lavoro a dare certezze e solidità alla squadra, ma il Padova, questo Padova, il Padova di Donnarumma, Ronaldo, Chiricò, Della Latta, Saber, Ceravolo e di tutti gli altri, davvero non deve temerlo o pensare di essere da meno. Nemmeno per un secondo. C’è poi da dire che, insieme al Padova, anche il Sudtirol l’anno scorso si è divorato il campionato all’ultimo miglio e nello stesso campo in cui la squadra biancoscudata ha perso la sua promozione diretta a causa del gol di mano di Gomez, ovvero Trieste. Perdendo 3-2 lì gli altoatesini hanno favorito l’ascesa del Perugia che poi è volato in serie B con 79 punti, gli stessi del Padova ma con due gol di vantaggio nello scontro diretto. Quindi? La conclusione non può che essere quella che vede il Padova assolutamente in corsa e a portata di obiettivo. Con un’aggiunta che non è cosa da poco visto lo stato d’animo perennemente negativo dell’ambiente: ora sono gli uomini di Pavanel ad essere l’outsider di turno. Non sono più lì primi costretti a vincere per non farsi prendere. Sono quarti (con una partita in meno però) con la necessità di inseguire. La situazione storicamente ideale dalle nostre parti per tirare fuori il meglio e rimettersi in carreggiata, tosti più che mai. Ora, caro Sudtirol, sei tu che devi tenere la distanza, che devi dimostrare di non perdere colpi, di non inciampare, di essere forte aldilà di ogni diretta concorrente e di ogni imprevisto. Non avrai nemmeno tu vita facile, la serie C lo insegna da sempre.
UNA SQUADRA DA 8 CHE GIOCA DA 5,5
“Sono incazzato e molto, ma non con la squadra bensì per la squadra. Mi piacerebbe che quando i giocatori si creano le condizioni per portare a casa una vittoria non facessero rientrare in partita l’avversario vanificando l’importantissimo lavoro che loro stessi fanno in settimana con tanto impegno”. E’ più che normale che l’allenatore del Padova, al termine della sfida pareggiata a Mantova per l’ennesima volta con la consapevolezza di aver lasciato per strada 2 punti assolutamente alla portata, abbia difeso i suoi uomini pur non riuscendo a nascondere la rabbia e il conseguente travaso di bile. Quello che non è normale è che invece la squadra continui a cadere nei soliti errori, in ingenuità francamente evitabili, e a incappare in alti e bassi, tattici e umorali, non da squadra che vuole vincere il campionato ed è stata costruita per centrare l’obiettivo. E’ su questo secondo aspetto che, a mio avviso, va focalizzata l’attenzione in questo lunedì 8 novembre 2021. L’allenatore ha evidentemente le sue responsabilità (che non smette mai di prendersi in pubblico così come in privato) perché è oggettivo che non riesca a far rendere al meglio con continuità il potenziale incredibile messo a sua disposizione, ma questo enorme “potenziale” deve darsi una svegliata e pure alla svelta. Non si può andare a vedere una squadra da 8 e assistere a gare in cui si esprime da 5,5. Quando andavo a scuola e mi capitava di prendere 5,5 in un compito in classe o in un’interrogazione quella santa donna di mia madre si incazzava con me in modo molto più vigoroso rispetto a quando prendevo 4 perché era evidente che col 4 non ci avevo capito niente e avevo sbagliato tutto dall’inizio mentre col 5,5 invece non mi ero impegnata abbastanza. Ecco, è questo che dà fastidio al tifoso: avere l’impressione e a tratti la certezza che questo gruppo sa di essere una spanna sopra agli avversari ma non mette in campo abbastanza carattere e determinazione per dimostrarlo coi fatti e con le prestazioni. Ripeto: il tecnico ha le sue responsabilità e deve trovare al più presto una quadra che garantisca continuità di risultati e di rendimento ma non può succedere ogni anno, da queste parti, che sia sempre e solo colpa di chi siede in panchina se le cose a un certo punto iniziano a girare male. I giocatori devono guardarsi negli occhi e, come è successo contro l’AlbinoLeffe, mettersi a disposizione l’uno dell’altro, fare la corsa in più uno per l’altro, recuperare un pallone in più l’uno per l’altro per crescere insieme e diventare così una squadra in grado di far fronte allo strapotere del Sudtirol e alla concorrenza delle altre che ambiscono alla parte alta della classifica. Scene in cui si rimproverano a vicenda smontandosi anziché caricarsi non ne vorremmo vedere più.
I FAMOSI SEGNALI
La vittoria contro l’AlbinoLeffe in campionato, seguita dal successo in Coppa Italia contro l’Entella, ha restituito al Padova la serenità che aveva perduto dopo il mezzo passo falso di Sesto San Giovanni e il passo falso intero di Salò. Non sono solo i 3 punti ad aver rimesso i biancoscudati in riga dopo il primo sbandamento di stagione, quanto l’atteggiamento. I famosi segnali positivi che tutti volevano vedere ed in effetti hanno visto. A me personalmente ha colpito la corsa di Cosimo Chiricò verso la panchina a braccia allargate subito dopo che aveva incastonato la prima perla di giornata sotto l’incrocio dei pali: l’esterno brindisino ha voluto dimostrare che la voglia di essere gruppo, di fare la corsa in più per il compagno, di sacrificarsi, di correre c’è in lui come in tutti gli altri e che tutta la squadra è in sintonia con il suo allenatore.
Già, Massimo Pavanel. Non deve aver dormito molte ore nelle due settimane che hanno preceduto la sfida all’AlbinoLeffe. Gli è cascata addosso la prima crisi da gestire (ed è normale che capiti, nell’arco di un campionato lungo 38 giornate, un momento no, anzi pure più di uno) ma non solo quella: l’allenatore del Padova si è ritrovato a dover gestire anche la negatività e le critiche della piazza ancora figlie dell’amaro epilogo della passata stagione più che del momento attuale. Devo dire che questo primo esame l’ha superato bene, ritrovando immediatamente l’equilibrio e la coerenza che di lui ci hanno colpito fin dal suo primo giorno all’ombra del Santo.
“Io vivo il mio lavoro con passione – ha detto – più che andare a letto pensando al Padova e risvegliarmi pensando al Padova non so cosa potrei fare”. Un messaggio che rasenta la dichiarazione d’amore, direi. Ecco, questo mi piacerebbe che la Padova del pallone lo recepisse, scrollandosi di dosso i fantasmi della passata stagione che ancora aleggiano. Questo allenatore e questi giocatori davvero ci stanno mettendo anima e cuore perché loro per primi vogliono cancellare dalla memoria e dal cuore quello che è successo l’anno scorso e raggiungere il traguardo della serie B mancato per ben due volte.
Capiterà ancora che sbagliamo una partita, che ne leggiamo male un’altra, che Pavanel fa giocare uno piuttosto che un altro, magari in quel momento più in forma, che pareggiamo invece che vincere, che perdiamo invece che pareggiare. Ma non dobbiamo commettere l’errore di arrivare subito alle conclusioni più affrettate, chiedendo decisioni drastiche e improvvisi cambi di rotta della società. Non adesso perlomeno. E’ ancora tempo di lasciare tempo. E serenità soprattutto a chi sta lavorando per raggiungere l’obiettivo massimo.
PADOVA NON FARE DRAMMI: ALZATI E RIPARTI!
Lo sapevamo fin dall’inizio. Fin dal primo giorno di ritiro. Sì lo sapevamo che i tempi duri ci sarebbero stati. Che le avversarie che castigano sarebbero arrivate. Che qualche tunnel da attraversare prima di rivedere la luce si sarebbe posto dinanzi al cammino del Padova. Solo che, dopo le 6 vittorie nelle prime 6 giornate, ammirati dal poker di Legnago, dal 2-0 in scioltezza contro la Triestina all’Euganeo e dalle rimonte contro Pergolettese, Pro Patria e Fiorenzuola, ci eravamo, diciamo così, un po’ alleggeriti dal pensiero.
Ovviamente ci ha pensato il campionato a farci tornare coi piedi per terra e le prestazioni tutt’altro che impeccabili del Padova contro Pro Sesto prima, col pari preso scioccamente a una manciata di secondi dalla fine della partita, e Feralpi poi, con una sconfitta incredibile. Dopo un inizio spettacolare, insomma, è arrivata la prima crisi stagionale.
Come in ogni crisi, l’unico errore che a mio avviso non va fatto è quello di voler per forza trovare subito uno o più colpevoli o, peggio ancora, un capro espiatorio o un nemico da abbattere. La situazione che sta vivendo la squadra non è piacevole, certo, ma non si può già puntare il dito contro questo o quel giocatore o, peggio ancora, contro l’allenatore. Massimo Pavanel in questo momento è in difficoltà e si vede: a Salò ha messo in campo nel primo tempo una squadra senza i suoi principali punti di riferimento, ha spostato di nuovo a centrocampo Ronaldo dopo aver detto più volte che sulla trequarti esprimeva meglio il suo grandissimo potenziale, ha cambiato molto anche in difesa laddove fino a questo momento non aveva toccato quasi nulla al netto di assenze e squalifiche di qualche singolo elemento. Nella ripresa poi la sua squadra non è riuscita mai a essere determinante negli ultimi metri nonostante un assalto in 11 contro 10 praticamente costante. Che si fa in questi casi? Vien da chiedersi. Ebbene in questi casi ci si siede tutti insieme, ci si guarda negli occhi, ci si confronta serenamente e si deve cercare di recuperare lucidità. La lucidità che è stata tolta al Padova dai risultati che non sono più arrivati e dall’ambiente che alle prime avvisaglie negative si è agitato, memore di quanto successo l’anno scorso in campionato e ai playoff.
E’ ora che il Padova deve dimostrare di non essere forte solo sulla carta. Ma di esserlo anche dentro. Di essere consapevole che le avversarie faranno di tutto per metterlo in difficoltà ma che lui può batterle tutte, se solo non perde la testa e recupera appunto la lucidità. Il primo a fare questa operazione dovrà peraltro essere proprio Pavanel: a Salò era giustamente affranto, abbattuto, ha faticato a trovare le parole per spiegare la prestazione. Ora passato il primo comprensibile momento di scoramento deve riprendere il toro per le corna con decisioni e scelte che siano chiare e coerenti. Come lo sono state nelle prime giornate di campionato.
LE FRAGILITA’ DEL PADOVA
Avvio un po’ leggero. Il primo gol preso alla maledetta. La reazione veemente. La rimonta. Il sorpasso. Il rigore della possibile tranquillità sbagliato. La beffa finale. Tutto in 95′. Un campionario di episodi così ampio (e sfortunato) di solito si spalma in più partite, al Padova invece a Sesto San Giovanni è caduto addosso per intero in un unico match, con una pesantezza da mettere alla prova, a durissima prova, per la prima volta dall’inizio della stagione, la stima smisurata dell’ambiente nei confronti della squadra. Il primo ad alzare la mano e a dire: sì, abbiamo buttato via due punti e sbagliato tanto, troppo, è stato l’allenatore Massimo Pavanel, visibilmente provato a fine gara. Anche i tifosi, però, sono in questo momento toccati nel profondo dalle fragilità di una squadra che nelle prime giornate sembrava una corazzata inarrestabile e dalle certezze incrollabili. Il problema non è il pareggio in sé, che magari a fine anno potrebbe pure fare la differenza in positivo se questo punto sarà determinante per arrivare primi davanti a tutti gli altri, ma la dinamica assurda con cui è arrivato. Una squadra esperta e di qualità come il Padova non può permettersi di inanellare nella stessa gara una serie così lunga di cavolate. Non può prendere un gol come quello di Gattoni nel primo tempo, in cui due giocatori non chiudono sul cross e a centro area uno dei due centrali e il terzino sinistro fanno le belle statuine. Non può ribaltare il risultato a suo favore con determinazione, lasciando perfino per strada altre palle gol importanti, e poi farsi sfuggire l’occasione di chiudere la gara su calcio di rigore. Non può amministrare con fatica il 2-1 fino a una manciata di minuti dalla fine e poi incassare il 2-2 così. Facendosi infilare da un giocatore che arriva a tirare dopo aver ricevuto palla dal lancio lungo del suo portiere, superando senza affanno due biancoscudati e con Donnarumma in porta praticamente immobile. Troppi i difetti sfoderati tutti insieme in una trasferta che voleva dire molto dal punto di vista della continuità di risultati dopo il ritorno alla vittoria contro il Trento.
Il Sudtirol, la vera grande antagonista di questo campionato, non aspetta. Ha vinto contro il Piacenza 2-0 e si è portata a meno due dalla vetta con una partita ancora da recuperare, quella sospesa per impraticabilità di campo contro il Legnago. Il primato del Padova vacilla ed è arrivato il momento di difenderlo con le unghie e con i denti, di tenerselo stretto, a qualunque costo. Se il Padova fa il Padova il porto sarà sempre al sicuro. Ma occorre intervenire subito per apporre i correttivi che servono, per tornare ad esprimersi ai livelli che si addicono a una squadra che vuole vincere il campionato. Ora però. Subito. Perché poi non sia troppo tardi.