Mi pare di essere uno di quei preti che devono spiegare l’esistenza di Dio a chi ha appena subito un lutto. E non solo: devono anche dire che Dio è buono. Dicono che per tutto c’è un disegno e forse è vero. Non so quale sia il disegno che la divinità ha in serbo per noi del Verona, so che crederci oggi è un atto di fede estrema. Beato chi ce l’ha.
Cerchiamo di procedere allora non con la cieca fede gialloblù ma con la più illuminante ragione. Non è finita perché la matematica ancora non ci condanna. Non è finita perché senza la papera di Montipò a Bergamo il Verona ha dimostrato di non essere ancora morto. Non è finita perché le nostre avversarie non stanno messe tanto meglio di noi. Non è finita perché è la legge suprema della sport che impone di crederci fino in fondo.
Oggi è facilissimo farsi prendere dallo scoramento e dal pessimismo. E francamente ci sono pochi segnali confortanti che arrivano dal campo. A cosa, a chi ci aggrappiamo? Vedi un guerriero come Faraoni che ormai sventola bandiera bianca e ti viene voglia di andare al Lago a bere lo spritz domenica prossima alle 12.30. Bisogna battere l’Empoli. Non c’è scampo stavolta. In un modo o nell’altro bisogna batterlo. Giocando bene, giocando male, buttandola dentro con il didietro. Bisogna vincere. Magari con un rigore, come quello di Bergamo su Gaich e con un arbitro che magari si faccia venire il dubbio.
Per mio carattere odio perdere senza lottare. Odio tutti i messaggi whatsapp che puntualmente mi arriveranno da domani mattina: ormai siamo in serie B. Ma accidenti… Che cosa aggiungete con il vostro sfigopessimismo al già sfigatissimo Hellas Verona che ha dovuto in un anno solo sorbirsi: le svendite di Setti, le conferenze stampa di Marroccu, Cioffi prima predestinato poi scaricato, Bocchetti, Bocchetti e Zaffaroni? Crediamoci, o popolo di infedeli. Che cosa ci costa in fondo? E non mandatemi più messaggi su whatsapp. Fino a dopo la gara con il Milan. Grazie.