LA SCOMMESSA SULLO

Girava da giorni la voce, evidentemente ben fondata, che l’allenatore del Padova sarebbe stato un nome che ancora non era circolato. Un nome fuori dal mazzo dei candidati. Una sorpresa. E sorpresa è stata. La scelta del direttore sportivo Sean Sogliano è ricaduta su Salvatore Sullo. Secondo di Giampiero Ventura a Bari e Torino ma anche, l’anno scorso, nella sfortunata parentesi dell’ex tecnico della Nazionale al Chievo.

Credo che a questo punto le intenzioni della società siano chiare: Sogliano non ha puntato su un allenatore esperto e scafato, ma su una giovane scommessa. Con un solo anno di contratto. Quindi credo che il passo successivo sarà quello di allestire una squadra giovane, con tanta fame di crescere e stupire.

Nei prossimi giorni la presentazione. Lo guarderemo negli occhi e capiremo lo spirito con cui ha deciso di sposare la causa biancoscudata. Intanto la constatazione che Sogliano è stato bravissimo a lavorare sotto traccia estraendo dal cilindro un nome che nessuno degli addetti ai lavori ha mai fatto in queste settimane.

SOGLIANO E MANDORLINI? MAGARI!

Stavolta mi voglio sbilanciare. Mentre il Cittadella si sta giocando la serie A e in città e provincia non si parla d’altro che di argomenti a tinta granata, spezzo una lancia nei confronti del nuovo Padova. La prima uscita pubblica del neo presidente Daniele Boscolo Meneguolo mi ha colpito positivamente. Alla cena dell’Aicb si è subito mescolato ai tifosi, salutando la signora di 95 anni e il bambino di 8 con naturalezza e un affetto sincero. Si è seduto davanti a Mario Merighi, ascoltandolo, condividendo con lo storico tifoso biancoscudato le sue prime impressioni. Poi è salito sul palco, promettendo che lui e gli altri nuovi dirigenti cercheranno di rimuovere in tempi rapidi il Padova dalle sabbie mobili della serie C.

Ecco. Da questa considerazione parto per questo nuovo post. Per risollevarsi dalla categoria che più di ogni altra è un bagno di sangue servono scelte oculate che ricadano su profili vincenti. Tanti i nomi che circolano in queste ore per i ruoli di direttore sportivo e allenatore, i primi due soggetti fondamentali per creare poi una squadra che possa vincere. Su tutti Sean Sogliano, che poi potrebbe portare con sé Andrea Mandorlini.

Sogliano ritengo sia il profilo ideale, specie se penso che a Verona è riuscito nell’impresa di partire dalla serie C arrivando in serie A, mantenendo anche la categoria. Per Mandorlini si tratterebbe di un ritorno: è già stato a Padova da dicembre 2006 a giugno 2007 in serie C, risollevando la squadra dai bassifondi della classifica. Solo per un soffio non arrivarono i playoff e a fine anno l’allora presidente Cestaro cercò in tutti i modi di trattenerlo per permettergli di portare avanti l’ottimo lavoro fin lì svolto. Il matrimonio però non durò perché per il tecnico di Ravenna arrivarono le sirene della serie A (Siena). Per via che la vita è una ruota che gira e prima o poi si ritorna da dove si è partiti, non mi dispiacerebbe un Mandorlini bis in cui si vedesse l’allenatore portare a termine la missione interrotta 12 anni fa (ovvero riportare il Biancoscudo in B).

Anche se, sono onesta, come allenatore del Padova non mi dispiacerebbe nemmeno un certo Bruno Tedino. Doveva venire tre anni fa, poi non se ne fece più nulla. Se tornasse in auge, la pista che porta a lui non sarebbe niente male.

L’importante comunque è che Boscolo Meneguolo e prima di lui Joseph Oughourlian tengano fede alla promessa fatta: ovvero di portare a Padova persone con il dna vincente. Con personalità e competenza. E anche con un’abbondante dose di “saperci fare” con la piazza. Padova, lo sappiamo, va presa per il verso giusto…

SI VOLTA PAGINA

E’ dal 1999 che seguo il Padova in qualità di giornalista. Di avvicendamenti ne ho vissuti diversi: quando ho iniziato a scrivere sul “Mattino” delle vicende biancoscudate il presidente era ancora l’odiatissimo Viganò che di lì a poco avrebbe passato il testimone ad Alberto Mazzocco. Poi arrivò Marcello Cestaro, tanto amato durante il suo lungo regno durato oltre 10 anni ma odiato oltre misura dopo la cessione del Biancoscudo a Diego Penocchio, artefice di un (quasi) fallimento con conseguente necessità di ripartire dai dilettanti con una nuova proprietà.

Nel 2014 la rinascita, dopo la retrocessione e la sparizione dal calcio professionistico: due imprenditori padovani che rispondono al nome di Giuseppe Bergamin e Roberto Bonetto raccolgono le ceneri della società e ripartono. Arrivano due promozioni, una supercoppa e purtroppo una retrocessione. Bonetto, che due anni fa era divenuto socio di maggioranza, esulta per il ritorno in B e si dispera per la discesa in C a distanza di soli dodici mesi.

Oggi è lui, Roberto Bonetto, a lasciare. Il nuovo socio di maggioranza sarà il suo socio franco-armeno Joseph Oughourlian.

A fine mese sarà quest’ultimo a fare una conferenza stampa di presentazione del suo entourage e dei suoi progetti per il Padova del prossimo campionato. Non ho dubbio alcuno sulla sua serietà, penso anche che sia competente, visto che è nel calcio da diversi anni. Il giorno della conferenza stampa però spero di riuscire a scorgere nei suoi occhi anche un po’ di sana passione. Un pizzico di attaccamento ai colori biancoscudati. Una luce che mi faccia dire che veramente siamo finiti nelle giuste mani da tutti i punti di vista, non solo quello, comunque fondamentale, della solidità economica. Me lo auguro, perché, come dicevo nel post precedente, qui non c’è solo una squadra da riportare nel calcio che conta ma anche un ambiente da ricompattare ed entusiasmare dopo una retrocessione amarissima.

Un grazie di cuore a Roberto ed Edoardo Bonetto. I nostri rapporti non sono sempre stati rose e fiori e spesso li ho sentiti lontani dal mio modo di pensare e sentire (probabilmente loro potrebbero dire la stessa cosa di me) ma l’impegno che hanno messo su Padova e sul Padova non si discute. Così come non si discute una promozione come quella dell’anno scorso, arrivata attraverso una straordinaria cavalcata.

ATTENDIAMO MERCOLEDI’

Il Padova ha chiuso penultimo. Mettendo insieme il record stagionale di pareggi (ben 16). Che dire… Su cosa si poteva fare in campo più di quello che si è fatto abbiamo già speso fiumi di inchiostro. Gli errori commessi da parte di tutte le parti in causa (società, direttore generale, allenatori, giocatori) sono talmente tanti che a riassumerli si rischia solo di buttare giù pagine e pagine di parole che suonerebbero però come una colata di cemento di difficile digestione.

Meglio ora proiettarsi al futuro. All’immediato futuro. Il presidente Roberto Bonetto ha già detto che lui e il suo socio franco armeno Oughourlian andranno avanti insieme. Quindi la prima buona notizia è che il calcio Padova continuerà ad esistere. La seconda è che Bonetto non molla. Non sbatte la porta per le tante, troppe, critiche, spesso anche ingenerose, che gli sono piovute addosso per questa infausta stagione. Mercoledì sapremo come verranno ripartite le quote societarie e qui credo proprio che Bonetto il pacchetto di maggioranza lo passerà ad Oughourlian.

Spero a questo punto che ci sia anche la terza buona notizia: ovvero che Oughourlian dimostri di avere a cuore le sorti biancoscudate aldilà di tutto quello che il nuovo ruolo sul Padova può offrirgli a livello di sviluppo lavorativo. Quest’anno allo stadio si è visto poco. Mi auguro, se prende la maggioranza, che l’anno prossimo dimostri l’attaccamento alla squadra, alla piazza e ai tifosi che il ruolo di socio di maggioranza richiede. Se è infatti vero che in questo momento il tifoso è depresso e arrabbiato per essersi visto sfuggire via così presto la serie B appena riconquistata è altrettanto vero che basta poco per riaccendere la voglia di crederci, di riavvicinarsi alla squadra. Direi che è soprattutto a livello psicologico ed emotivo che la società dovrà lavorare in primis per riconquistare il pubblico. Per riprendersi Padova e restituirle il sorriso e l’orgoglio di essere biancoscudata. Solo con questa premessa si potrà tentare la risalita augurandosi che riesca al primo colpo.

IL DEGNO FINALE

Signore e signori: i giochi sono fatti, nulla va più! Rien ne va plus!

Il croupier del campionato ha sanzionato oggi al “Vigorito” la retrocessione del Padova in serie C. Ha ragione Matteo Centurioni stavolta: “Non c’è modo più crudele di chiudere la partita e il campionato”. Eh sì… Nell’ultimo terribile minuto della sfida in casa del Benevento si è materializzato il film dell’intero campionato. Il Padova che si porta in vantaggio per ben tre volte, il Padova che viene raggiunto, il Padova che non fa in tempo a far provare una gioia ai suoi tifosi che subito gliela fa rimangiare, gliela soffoca di brutto. Il Padova che fa sperare e subito dopo fa disperare. Pazzesco. A Benevento oggi i biancoscudati avevano saldamente in pugno la possibilità di giocarsi l’accesso ai playout sabato prossimo contro il Livorno in casa. Al 93′ eh mica al primo minuto di gioco quando ad aprire le danze del 3-3 era stato Pulzetti. Al 94′ paf, la bolla si è rotta, in un nanosecondo il gol di Coda ha riportato tutti sulla terra. Anzi col sedere per terra. E solo chi è caduto di sedere almeno una volta nella sua vita sa quanto faccia male!

Si retrocede in serie C insomma. E si sapeva da mesi visto che col Lecce mercoledì era arrivata solo la quinta vittoria da agosto ad oggi. Farlo così ha però per l’ennesima volta dell’incredibile. Del pazzesco. Non si può risvegliarsi così all’ultimo e buttare via la milionesima occasione del campionato. Ora ci vorrà qualche giorno per decantare la rabbia. Ci vorrà un periodo per anestetizzare il grande grande, per rimarginare la profonda ferita.

Poi però bisognerà pur rialzare la testa. Bisognerà pur capire cosa ha intenzione di fare Roberto Bonetto. Bisognerà pur pensare che, in qualche modo, si può ripartire. Buttare via tutto quel che si è fatto quest’anno è la scelta più comprensibile e istintiva, ma proprio perché l’istinto non è stato un gran compagno di viaggio, bisognerà pur ripartire dalla ragione. Da un’analisi oggettiva. Da un bilancio fatto con calma e sale in zucca. Qualcosa da salvare c’è. Qualche giocatore anche. L’impegno di qualcuno c’è sempre stato. Ripartiamo da questo e soprattutto cerchiamo di ricreare un minimo di entusiasmo, azzeccando la scelta delle persone nei ruoli chiave (e ho scritto “persone” non a caso). Solo così si può sperare di non affondare ancor di più…

 

AGONIA PROLUNGATA

Sì lo so, sicuramente vinceremo a Benevento e contro il Livorno all’ultima giornata.  Alla fine, pur non meritandolo, la svangheremo. Lotteremo fino all’ultimo istante dell’ultima partita. I ragazzi ci credono.

Può anche essere che finisca così. Come ho scritto poco tempo fa, il Padova ci ha abituato a vederlo resuscitare un sacco di volte dopo essere stato dichiarato clinicamente morto da un pezzo. Eppure oggi, lo dico con profondo rammarico, non riesco a gioire per la vittoria sul Lecce. No, non ci riesco. Anzi, sono inviperita quasi come quando abbiamo perso a Carpi una partita allucinante e abbiamo buttato all’aria l’ennesima occasione di riaprire il nostro campionato.

Non è possibile che abbiamo battuto il Lecce che era venuto qui per festeggiare la serie A facendolo tornare in Puglia con l’urlo di gioia soffocato in gola. Non è possibile che abbiamo battuto il Verona e lo Spezia. E pure l’Ascoli. Che abbiamo pareggiato col Cittadella, col Palermo. E che purtroppo rimaniamo ultimi in classifica. Non è possibile che in decine di occasioni meritavamo di vincere e ce ne siamo tornati a casa con un pugno di mosche in mano. Guardare la classifica oggi da tifosa del Padova equivale a tirarmi un bel pugno sulla bocca dello stomaco. Bastavano due vittorie in più, qualche pareggio qua e là. E invece siamo qui a guardare alla trasferta di Benevento come all’ultimissimissimissimissima spiaggia sperando di fare 3 punti (e che qualche concorrente contemporaneamente svenga). Per poi magari dire, se le cose non si incastreranno come ci auguriamo, “eh ma noi ce l’abbiamo messa tutta fino alla fine…”.

Mi dispiace. La sofferenza da tifosa in questo momento supera il distacco della cronista. E quindi è ovvio che domenica a Benevento la partita acquista un senso (mentre se oggi non si vinceva col Lecce non ne avrebbe avuto alcuno) ma è un senso che non basta, per adesso, a colmare la delusione per tutte le volte in cui il treno dei playout ci è passato davanti e non siamo stati capaci di salirci per un motivo o per un altro.

Comunque domenica alle 14.30 Telenuovo sarà presente. Per parlare di Benevento-Padova, ma anche delle prospettive future di questa squadra. Anzi, di questa società. Ci vediamo in tv.

UN MONDO PARALLELO

Le ultime partite del Padova sono state un incubo. E non esagero quando dico un “incubo”. Perché non è che me le sono sognate di notte, ma comunque ci sono andata molto vicino. Che la retrocessione sia il nostro amaro destino per questo campionato è evidente da tempo. I più realisti si sono resi conto che sarebbe finita così addirittura prima del rivoluzionario mercato di gennaio (quanto ci avevano visto giusto!), gli incrollabili ottimisti hanno capito cosa ci attendeva il giorno in cui abbiamo perso in quel modo a Carpi: nonostante la pessima stagione fino a quel momento, vincendo avremmo potuto clamorosamente riaprire i giochi. Aver gettato alle ortiche una sfida che era ampiamente nelle nostre mani ha fatto invece crollare anche la fiducia del più appassionato tifoso che fino a quel momento in qualche modo aveva retto.

Detto questo, rimango di sale quando sento le analisi delle partite che si sono giocate proprio dopo Carpi. E’ evidente ai sassi che i giocatori non ci sono più con la testa: sbagliamo gol incredibili, al 60′ regolarmente smettiamo di tentare di vincere, cominciamo a passarci il pallone in orizzontale e non saliamo più a tentare la fortuna con le palle inattive, tiriamo l’unico rigore che ci è stato concesso negli ultimi mesi (e quanto abbiamo tirato la bocca perché gli arbitri hanno sorvolato su episodi più che dubbi!) in bocca al portiere avversario calciandolo piano e con le gambe tremolanti. Come fa Centurioni (che, continuo a ribadirlo, è quello che ha meno responsabilità di tutti perché la patata gli è arrivata in mano quando oramai era squagliata da quanto bollente!) a parlare di “partita eroica”? Come fa Roberto Bonetto a parlare di dignità fino a fine campionato di fronte a certe prestazioni senza capo nè coda?

L’impressione è che la batosta sia così dolorosa da aver fatto perdere alla società biancoscudata il senso della realtà. A sentir parlare dirigenti e allenatore l’impressione è che stiano vivendo in un mondo parallelo. In attesa che la matematica faccia drammaticamente calare il sipario su un campionato che ha saputo solo fare danni. Chissà se saremo in grado di rialzarci, chissà…

COSA FA UN BUON PRESIDENTE?

1) Ci ha sempre messo la faccia; 2) ha veramente fatto di tutto per salvare una stagione iniziata male e destinata a finire pure peggio; 3) si è preso a cuore la questione stadio, mettendo sul piatto un progetto sul quale sta lavorando con concretezza. Queste le tre verità assolute che riguardano la persona di Roberto Bonetto, presidente del Padova. Purtroppo però oggi, di fronte all’ennesima prestazione caratterizzata da poco coraggio e da occasioni da gol clamorosamente fallite, è arrivato il momento di smettere di tenere acceso il filo della speranza di agganciare i playout che magari vinciamo le ultime quattro e via discorrendo. E’ giunta l’ora piuttosto di cominciare a stendere una fredda e impietosa analisi di tutto quello che non ha funzionato. Roberto Bonetto dovrà guardarsi allo specchio e capire come questa prima stagione in serie B della sua fin qui breve carriera da dirigente di calcio è riuscita a fregarlo così bene, nonostante gli sforzi economici e morali sovrumani.

Deve farlo adesso, presidente. Non tra una settimana o un mese. Adesso. Perché ci vorrà del tempo per sviscerare tutto. Lei dovrà prendere carta e penna e buttare giù nero su bianco tutto quello che è successo dall’estate del 2018 ad oggi. Dovrà capire dove ha sbagliato. Di chi non si doveva fidare. Doveva capire quali erano le persone da ringraziare e salutare al momento della promozione dello scorso campionato e quelle invece dalle quali non separarsi per continuare il cammino insieme.

Mi guardo indietro e mi sembra impossibile che 40 giocatori (tanti se ne sono alternati in questo campionato sul campo con la maglia biancoscudata finora) non siano riusciti, ognuno per la sua piccola parte, a impedire alla nave di affondare. E mi sembra altrettanto impossibile che né Bisoli né Foscarini né di nuovo Bisoli né adesso Centurioni (che però francamente è il meno responsabile di tutti) siano in qualche modo riusciti a incidere se non in qualche sporadica occasione. Nel domandarmi questo mi accorgo che la prima risposta al “perché abbiamo fatto un così brutto campionato?” sta proprio in questi numeri. 40 giocatori e 3 allenatori simboleggiano proprio il modo di agire di una società che ha pensato troppo poco e agito troppo spesso d’istinto. Magari col cuore, ma senza la testa che ci voleva per rimanere a galla.

A cascata il presidente troverà senz’altro tutte le altre risposte. Tanti giocatori della C non dovevano restare. Bisoli per primo non doveva restare. L’investimento importante doveva essere fatto la scorsa estate e non a gennaio quando la qualità della rosa è stata sì ritoccata verso l’alto ma con giocatori fermi da molto tempo, con tutte le problematiche fisiche, e di conseguenza di rendimento, che questo aspetto porta con sè.

Si torna mestamente in serie C (salvo ripescaggio successivo, ma questo è un capitolo che apriremo eventualmente più avanti). E io mi auguro veramente che teniamo bene a mente la diagnosi di questa disfatta perché dovrà essere la molla per farci tornare in B alla svelta, ripartendo con forza da queste macerie. E stavolta dovrà essere per rimanerci.

NON L’ABBIAMO PERSA A CARPI LA B

Mbakogu che si divora il 2-0 poco dopo aver segnato l’1-0 dell’iniziale vantaggio biancoscudato. Pulzetti che si vede fare un autentico miracolo da Piscitelli su un tiro dal limite. Baraye che per due volte finisce giù in area ed era rigore, oh se era rigore. E poi oplà, come dentro il peggiore degli incubi, il Carpi indovina un tiro sotto la traversa di Concas e poi va a segnare il 2-1 su un’azione viziata da una gamba tesa netta di un giocatore di casa.

Fa rabbia perdere così. Perché se martedì sera contro l’Ascoli si sapeva che non era fatto il proprio dovere fino alla fine, oggi onestamente credo che il Padova abbia interpretato la partita al meglio, sia nell’atteggiamento che nella disposizione in campo.

Purtroppo però la serie B, che oggi ci vede scivolare di nuovo all’ultimo posto e tra qualche settimana non sarà più la nostra realtà, non l’abbiamo persa oggi a Carpi. L’abbiamo persa a Venezia, non riuscendo a strappare il pari. L’abbiamo persa a Crotone e a Cosenza perdendo negli ultimi minuti. L’abbiamo persa in casa col Crotone e col Perugia. L’abbiamo persa in una miriade di altre occasioni. Oggi no. Oggi ci sentiamo depredati e frustrati. Ed è giusto così perché se fossimo usciti dal Cabassi con un 3-0 per noi sarebbe stato perfino un risultato stretto.

Si esce con una sconfitta allucinante ed è solo l’ennesimo simbolo di un campionato iniziato male e che sta per finire peggio.

Amen.

OK, BASTA COSI’

Speranze, probabilità, la matematica che ancora non ci condanna, la classifica ancora corta, il “ma se vinciamo la prossima e facciamo un filotto tutto si riapre”.

Ci siamo attaccati a tutto in questo campionato pur di non attaccarci all’unica cosa cui dovevamo attaccarci veramente, ovvero il tram. Ci abbiamo creduto anche dopo la peggiore e la più inaspettata delle sconfitte. Ci abbiamo creduto a maggior ragione quando il Padova è riuscito in qualche modo a portare a casa la vittoria, magari anche con una bella prestazione, vedi Verona e vedi, più di recente, La Spezia.

Tutto inutile. Settimana dopo settimana non abbiamo fatto altro che cadere sempre più in basso, perdendo di brutto le partite che dovevamo vincere, pareggiando sempre nello stesso masochistico modo le partite che stavamo vincendo, agguantando qualche volta un pari insperato che non ha fatto altro che prolungare l’agonia.

Stasera l’Ascoli ci ha tirato il colpo di grazia. Ha staccato la spina del gioco ed è apparsa la scritta “GAME OVER”. Anzi, peggio ancora, OFF. Centurioni c’entra gran poco. Gli errori partono dalla scorsa estate, da quando la società si è illusa, con un investimento contenuto, di potersi salvare tranquillamente. Di lì a pioggia tutto il resto: non è bastata la rivoluzione di gennaio, non è servito cambiare tre allenatori.

E la tristezza che il tifoso più incallito prova nel cuore non è altro che il primo sintomo di una disaffezione che si farà sempre più grande, vista la fine che stiamo per fare.

Mala tempora currunt. Ci sarà veramente da soffrire.

P.S.: sì lo so, molti di voi scriveranno che era scritto da mesi che finiva così. Che non dovevamo illuderci, visto che in tutto il campionato finora il Padova è stato capace di vincere solo 4 partite e con quella di stasera ne ha perse 14. Ma che ci volete fare, io speravo davvero che un piccolo spiraglio potesse aprire la strada verso il miracolo… Al solito il Padova è capace di smentire anche il più inguaribile degli ottimisti e il più agguerrito e caloroso dei tifosi…