Ci ho messo un po’ a riordinare le idee. Mi sono guardata e riguardata gli highlights della partita tra Padova e Avellino un sacco di volte. E sono andata a rivedermi anche un episodio che, nella sintesi della gara, non è stato inserito ovvero la gomitata di Dossena su Della Latta che poteva cambiare il corso della partita in favore del Padova se fosse stato sanzionato a dovere. Staremmo parlando di un’altra partita anche se fosse stato dato ai biancoscudati il rigore (netto) su Chiricò. A velocità normale e a velocità rallentata il risultato non cambia: Tito è in ritardo netto sull’esterno di Mesagne che gli sta sgusciando via e lo spinge di brutto. Se per l’arbitro Cosso di Reggio Calabria era rigore quello concesso per la manata più plateale che cattiva di Della Latta su Maniero allora il metro di valutazione doveva essere lo stesso anche nell’episodio di sponda Padova.
Inutile girarci tanto attorno: per me, lo dico chiaramente e lo sottoscrivo, il Padova ha fatto una grande partita. I giocatori hanno disputato un grandissimo primo tempo, portandosi meritatamente in vantaggio, e solo un rigore più che dubbio ha piegato la loro resistenza. Momentaneamente peraltro perché poi, nel finale di secondo tempo, quando la stanchezza e i crampi la stavano facendo da padroni, è stato di Ronaldo e compagni il sussulto d’orgoglio finale con 4 calci d’angolo battuti consecutivamente e due occasioni nitide non realizzate per una questione di pochi centimetri.
Il direttore di gara non è stato assolutamente all’altezza della situazione: va detto che ha permesso agli irpini di fare esattamente la partita che volevano fare, buttandola sulla provocazione e sulla fisicità spinta. Già non doveva permetterlo in partita questo tipo di atteggiamento l’arbitro, figuriamoci quando, a fine primo tempo, le provocazioni sono continuate mentre il Padova guadagnava il tunnel degli spogliatoi: proprio in quella circostanza ci siamo resi conto che sarebbe stata davvero durissima avere la meglio. Mercoledì ci vorrà molto più polso e molta più personalità per dirigere la semifinale di ritorno: il Padova non merita di uscire di scena ancora una volta per torti esterni che, come il fallo di mano di Gomez a Trieste, non c’entrano nulla con le prestazioni e i gol non fatti sul campo.
Ciò premesso (e scusate ma era davvero doverosa questa premessa, quando ci vuole ci vuole), il Padova è chiamato ancora una volta nella sua storia ad essere più forte di tutto e di tutti. E’ perfettamente in grado di andare ad Avellino a vincere, fosse anche all’ultimo calcio di rigore, e dovrà fare di tutto per riuscirci. Quella stessa sua storia peraltro in questo momento rema assolutamente dalla sua parte e insegna che le imprese più epiche questa squadra le ha fatte proprio in spareggi all’ultimo sangue e sempre fuori casa.
Nel 2009, dopo due pareggi casalinghi contro il Ravenna in semifinale e la Pro Patria in finale, il Padova è andato a vincere sia al “Benelli” che allo “Speroni”: e nella finalissima che ha vinto grazie alla doppietta di Di Nardo è rimasto in dieci alla fine del primo tempo per l’espulsione di Di Venanzio da parte dell’arbitro Nasca di Bari. Nel 2010 ai playout, dopo lo 0-0 all’Euganeo, è andato a vincere 3-0 a Trieste con i gol di Vantaggiato, Cuffa e Bonaventura. Se poi andiamo indietro nel tempo agli anni Novanta lo spareggio per andare in A lo ha vinto sul neutro di Cremona contro il Cesena nel 1994 e l’anno dopo si è salvato contro il Genoa a Firenze.
Stavolta la meta designata è Avellino e siamo di fronte alla semifinale: ci sarebbe un ulteriore scoglio da superare poi. Ma fermiamoci per un momento qui: già fare l’impresa in un campo difficile e un ambiente caldissimo come quello del Partenio riscriverebbe la storia di questa maledetta stagione.
E’ nelle situazioni più ardue che la squadra che più amiamo è in grado di tirare fuori risorse insperate. Incredibili. Inesauribili. Sarà così anche stavolta. Ne sono più che sicura.

