NON E’ FINITA

“Così, aprendo l’anima così, lasciando uscire quello che ognuno ha dentro, ognuno ha in fondo a se stesso. Che per miracolo adesso sembra persino più sincero nel cantare, nel cantare insieme” (“Questione di feeling” – Riccardo Cocciante)

L’avvisaglia del patatrac si era già avuta in gara-3. Nelle ultime due partite della serie con Treviglio la Tezenis si è trovata ad inseguire per quasi metà partita in gara-3 e dal primo all’ultimo minuto (escluso l’effimero 2-2 dopo 41”) in gara-4.  Ma anche nella seconda partita al PalaFacchetti, quella che di fatto ha girato la serie, gli orobici hanno comandato per circa 21’. E’ stato là che Verona ha compromesso la serie, lasciando a una Remer incerottata – benché l’assenza di Amato abbia pesato – di tornare in corsa. Un errore imperdonabile, acuito dalla sconcertante prestazione difensiva all’Agsm Forum.

Ma non è finita, per fortuna. E giganti gialloblù avranno l’occasione di mostrare di essere in grado di reagire. Lo devono ai tifosi, già presenti numerosi nei primi due viaggi al PalaFacchetti (sebbene poi in gara-4 si siano fatti sentire di più i supporter orobici), lo devono alla società.

Al netto della comprensibile incazzatura del presidente Pedrollo, che si è lasciato andare a uno sfogo che sicuramente sarà smorzato dopo un confronto con il figlio e vicepresidente Giorgio, che vive quotidianamente gli onori e gli oneri della Scaligera Basket. Con un appunto: anche dopo una batosta sarebbe opportuno restare fino alla fine, senza lasciarsi prendere dallo sconforto abbandonando il Palazzo in anticipo. Si vince e si perde tutti assieme, poi se questa squadra non riuscirà  a decollare fino alla semifinale le responsabilità saranno individuate, ma non giustifica di dover mandare tutto a remengo.

Tant’è, ora è il momento che tutti diano fondo a tutte le forze e tirino fuori gli attributi. La reazione passa dall’orgoglio di non sprecare un’altra chance, dalla consapevolezza che la semifinale si può ancora conquistare, ma anche dalla necessità di evitare che il gioco appiattisca troppo i suoi protagonisti, com’è capitato talvolta. E adeguarsi esageratamente agli avversari può rivelarsi un pericoloso un segnale di debolezza.

Poi nei playoff la differenza la fa la testa, la mentalità. Come sempre. E un feeling nel gruppo che le ultime prestazioni danno l’impressione di essere un po’ appannato nella Verona dei canestri. Ma non è finita, e non lo sarà neanche dopo gara-5 a Treviglio.

MANI ADDOSSO

“Eros colpisce come il fabbro con il martello sprizzando scintille dalla sfida. Hai spento il mio cuore tra lacrime e lamenti, come si spegne un fuoco incandescente del ruscello“. (Karen Blixen – Out of Africa)

Due cifre spiegano meglio di ogni altra interpretazione il k.o. della Tezenis in gara-2 al Palafacchetti: 0/12 da tre nella ripresa, 42 punti dalla panchina di Treviglio contro 4 di Verona. Così la situazione di è clamorosamente capovolta rispetto a gara-1 (28 punti dalla panchina gialloblu, 12 per quella orobica) con la Scaligera che ha pagato oltremisura l’aggressività dei padroni di casa.
Poi se ti viene permesso di menare, quasi ai livelli di un fabbro ferraio del parquet, chi lo fa ne approffitta alzando ancora l’aggressività, mentre chi subisce dovrebbe reagire ripagando gli avversari della stessa moneta.
Ma l’arbitraggio – sincaramente imbarazzante – è sempre la scusa dei deboli e anche l’assenza di Amato non deve costituire un alibi: Treviglio ha Borra con la mano fratturata e Pecchia al rientro dopo l’intervento al ginocchio.
La serie si sposta a Verona dove ci vorrà l’urlo dell’Agsm Forum gremito per tutti gli 80’ (e al Palafacchetti la spinta del pubblico ha condizionato un po’ anche la terna arbitrale) e la garra da parte di tutti i giganti gialloblù. Senza se e senza ma.

EQUILIBRI E SQUILIBRATI

“Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso”. (Ernesto “Che” Guevara) 

Adesso che il primo traguardo è stato superato e la Tezenis si gode la meritata qualificazione, salta subito all’attenzione di tutti che Verona è la prima squadra del girone Est che ha staccato il biglietto per i quarti di finale. Treviso e Montegranaro sono state costrette a gara-5, i marchigiani addirittura rimontando da una sconfitta casalinga. La Scaligera ha fatto ancora meglio, infilando due vittorie consecutive a Casale, dove in precedenza aveva sempre perso, compresa la regular season dominante l’ultimo anno di Ramagli.

Non è un caso che questi due successi siano coincisi con scelte molto più equilibrate in attacco, tirando più da due che da tre. Com’era accaduto già sul campo di Montegranaro, per ricordare il precedente il RS. Aggiungiamo una difesa da manuale che in gara-4 ha tenuto la Novipiù a 56 punti, un’impresa, contro una squadra che dall’arrivo di Dalton Pepper (andato in doppia cifra solo al quarto round) aveva tenuto quasi 91 punti di media nelle ultime 7 partite della stagione regolare. Poi LDM nell’ultimo atto ha gestito 10-giocatori-10 e tutti hanno iscritto punti a referto, pur in una partita chiusa a 61 punti.

Così i giganti di Dalmonte si sono tolti immediatamente di dosso l’immondizia e qualcuno si è già seduto sulla riva del fiume, in risposta a chi aveva vaticinato la fine della serie sul 3-1 per Casale. E magari anche per fare uno sberleffo a chi si è spinto incautamente a dare del “bollito” a Sasha Vujačić, dimostrando scarsa o inesistente capacità di lettura al di là delle mere percentuali di tiro. A parte i 5 assist serviti ai compagni (e nell’ultima partita anche 4 recuperi), andate a guardarvi la rapidità con cui The Machine passa la palla…guardare solo i “gol” è da squilibrati dei canestri.

E adesso sotto con il prossimo giro, c’è una semifinale da conquistare.

COACH “SGAUJA”

“Dobbiamo toglierci tutta l’immondizia che ci circola in testa, perchè è normale che sia così. Ma è doveroso pulirci immediatamente”. (Luca Dalmonte dopo gara-2 con Casale)

Proviamo a sorridere, per non piangere. La battuta più spiritosa è circolata dopo la conferenza stampa di Dalmonte e la dichiarazione sull’”immondizia da togliersi addosso”: “coach sgauja”.  Battute a parte, riesce difficile capire come la Tezenis possa aver perso una partita come gara-2. Casale ha impartito una severa lezione di garra, cuore, personalità, compattezza e spirito di squadra; la Scaligera indubbiamente ci ha messo abbondantemente del suo, facendosi rimontare in un amen 18 i punti di vantaggio in avvio di ripresa: doppio break 0-11 in 3 minuti nel terzo e nell’ultimo quarto e giganti gialloblù si sono ritrovati sotto di 6.

L’immondizia citata da LDM assomiglia molto alla celebre merda di Roseto all’Epifania di due anni fa, ma resta lo stupore per il clamoroso suicidio compiuto in gara-2, che peraltro fa il paio con la rimonta concessa ai monferrini 48 ore prima, quando la Novipiù ha tirato tre volte (non una, tre!) per vincere o acciuffare il supplementare dopo essere stata sotto di 10 a meno di 3 minuti dalla fine.  La gestione di alcuni giocatori ha destato perplessità: Amato troppo in panca in entrambe le partite, Candussi scomparso nella ripresa di gara-2 dopo aver dominato fino all’intervallo, Vujačić  che oltre a incidere poco in attacco a tratti ha dato l’impressione di avere attriti con qualche compagno. Solo un’impressione, che vogliamo scacciar via, ma è stata notata anche dai tifosi.

Detto questo sconcerta tanto quanto la sconfitta il coro di critiche, finanche di insulti piovuti in queste ore su Dalmonte e la Scaligera.  Vorrei far notare che il coach per il quale adesso c’è chi invoca il licenziamento immediato è lo stesso che stava guidando la Tezenis nel primo tempo, in panchina non c’era un sosia mentre in difesa e in attacco i giganti gialloblù davano il meglio contro Casale. E anche i giocatori erano gli stessi. E se è scontato che l’allenatore si prenda le colpe anche per i crolli mentali della squadra, è altrettanto vero che la serie è 1-1 e bisogna ancora andare a Casale. Campo tabù, il PalaFerraris, dove la Tezenis non ha mai vinto. Ma anche Biella due anni fa era imbattuta in casa…

Infine due precisazioni sulle bizzarre proposte lanciate sui social: non è possibile giocare con il trio Ferguson-Vujačić-Henderson. Il regolamento consente di schierare due stranieri e uno sloveno (The Machine) vale come un americano. Franco Marcelletti non può fare il capo allenatore, essendo responsabile del settore giovanile. Nei playoff sono cadute in casa altre squadre che avevano il fattore-campo: Montegranaro, Treviglio, Udine e Bergamo, quindi se venite all’Agsm Forum per lanciare insulti dopo una sconfitta, per quanto sanguinosa, potete starvene pure a casa. Anche se esiste una categoria peggiore: il tifoso-allenatore-general manager da tastiera. Riempite il Palazzo, per Dio! E poi alla fine tireremo le somme.

I PLAYOFF E TAFAZZI

 “Ofelè fa el to mesté” (vecchio detto milanese).

Quarto posto con 38 punti, il terzo miglior risultato nei 9 anni della nuova era della Scaligera Basket, dopo i 44 nella disgraziata stagione 2015 e i 40 punti l’anno precedente.  Meglio ancora, anzi praticamente doveroso, migliorare anche il cammino nei playoff: dopo due eliminazioni consecutive ai quarti di finale, la Tezenis può provare a inseguire la semifinale, ma prima di puntare alla sfida con la vincente fra Treviglio e Roseto (e, nel caso, i precedenti con la baby-band abruzzese invitano alla massima allerta), prima bisogna superare l’ostacolo superare l’ostacolo Casale, pratica tutt’altro che semplice.

La squadra monferrina è ben allenata da Mattia Ferrari (che l’anno scorso ha già incrociato la strada di Verona alla guida di Legnano) e prima del derby perso d’un soffio a Biella aveva infilato una striscia di 6 vittorie di fila.  L’innesto di Dalton Pepper (seguito anche dalla Tezenis) è stato un valore aggiunto, Kruize Pinkins timbra una doppia doppia per partita, Niccolò Martinoni assicura solidità ed esperienza assieme all’argentino Bernardo Musso, ex Treviso; viaggia in doppia cifra anche Davide Denegri, uno dell’annata d’oro del ’98. Cesana e Valentini garantiscono qualità nelle rotazioni.

Quelle rotazioni che coach Dalmonte ha cercato di aumentare contro Cento nell’ultima partita di regular season, che la Tezenis ha chiuso a testa alta, senza fare sconti. E chissà a chi si riferiva Sasha Vujačić, quando, durante la rimonta finale della Tezenis, si è rivolto al vicepresidente Giorgio Pedrollo ruotando la mano, come dire “siamo cambiati da così a così”…

Da LDM e DDF. Nelle ultime ore si sono rinnovate le voci, rimbalzate da Bologna, su un possibile approdo Verona di Marco Martelli, già responsabile dell’area tecnica della Virtus, come direttore sportivo.  Ma anche dell’ex gialloblu Ale Frosini, in uscita da Reggio Emilia. Premesso che una doppia figura manageriale avrebbe senso solo in serie A, il presidente Pedrollo ha subito chiarito di non avere parlato con nessuno e invece di essere stato contattato da procuratori che offrono figure dirigenziali.

E’ bene anche precisare che le voci di un ritorno di Daniele Della Fiori a Cantù sono prive di fondamento. Queste indiscrezioni nel momento-clou della stagione possono rivelarsi pericolose e la sindrome da Tafazzi rischia di portare solo guai.

PANCHINA LUNGA E PEDALARE

“Il portiere caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non vedere l’amara luce”. (“Goal” – Umberto Saba) 

Cos’è cambiato dall’impresa con Montegranaro alla doppia sconfitta nelle ultime due trasferte? Non solo il ritorno a prediligere il tiro da 3, talvolta incaponendosi dalla distanza invece di cercare di servire i lunghi nel pitturato. E’ vero che sia Roseto per il devastante atletismo dei suoi giocatori, sia Udine con la coppia Pellegrino-Mortellaro erano clienti difficili per i lunghi gialloblù.

Altra questione riguarda invece il “down” prima di Amato e poi di Ferguson, quest’ultimo tra l’altro ha dato l’impressione di uno stato un po’ conflittuale con il coach, ma le situazioni critiche in una stagione, come in una singola partita, non mancano. Tuttavia è evidente che la Tezenis non può permettersi di avere 2 punti dal giocatore americano, così come gli immediati suggerimenti ad un cambio con Henderson lasciano il tempo che trovano, giacché non puoi prendere un Amarone se devi cambiare una bottiglia di Soave che sa da tappo e un menu di pesce.

Invece LDM ha fatto un’onesta autocritica spiegando che le rotazioni dovranno essere allargate e allungate. I playoff lo impongono, ma nelle ultime due trasferte la Tezenis in sostanza ha giocato con sette uomini.

DOPO LA SBORNIA

“In vino veritas” (proverbio latino)

E anche questo Vinitaly è andato in archivio. Il più grande di sempre, che anche quest’anno ha accolto i giganti della Tezenis, all’indomani della batosta di Roseto.
Così i vini di Casa Sartori, ma anche quelli di Massimilla Serego Alighieri allo stand Masi, dove hanno fatto tappa pure avversari come il trevigiano Matteo Chillo, sono stati utili per togliere le spine al roseto abruzzese.
La battuta, non tanto peregrina, è che fortunatamente Verona non incrocerà la strada degli Sharks nei playoff; i giovani di Roseto si sono confermati squadra assai ostica per la Scaligera, che già all’andata fece molta fatica, piegando gli abruzzesi dopo tre supplementari.
Fisicità e atletismo hanno messo a dura prova la squadra di Dalmonte, che ci ha messo del suo in difesa sprecando alte percentuali di tiro.
Ma adesso, passata la sbornia di Roseto e del Vinitaly, c’è chi insinua che il quinto posto (ovvero il quarto nella griglia dei playoff) sarebbe opportuno per evitare Treviso in un’eventuale semifinale. Ipotesi legittima? E una possibile sfida con Capo d’Orlando o Roma sarebbe più abbordabile?
Le domande restano sospese, le risposte pure, come i bicchieri per l’ennesimo brindisi a una stagione che è già migliore rispetto alle precedenti.

IMPRESA

“…Attendi attendi, magnanimo campion (s’alla veloce piena degli anni il tuo valor contrasti la spoglia di tuo nome), attendi e il core movi ad alto desio. Te l’echeggiante arena e il circo, e te fremendo appella…” (A un vincitore nel pallone – Giacomo Leopardi – I Canti)

L’impresa sul campo di Montegranaro è un capolavoro di solidità mentale e tenacia, e va condivisa assieme a tutti i giganti gialloblù e allo staff di Luca Dalmonte, con i tifosi. Quelli che sono scesi a Porto San Giorgio, quelli che sventolano la bandiera gialloblù o indossano solitari la sciarpa, quelli che tifano, soffrono ed esultano davanti alla tivù. E a quest’ultimi siamo grati, perché speriamo che apprezzino lo sforzo di Telenuovo (ultima novità il tempo e 24” in onda) e soprattutto che si stiano divertendo.

Udite udite! La Tezenis ha espugnato il Palasavelli di Porto San Giorgio (teatro della vittoria all’overtime che nei playoff di serie B del 1983 riportò la serie a San Giovanni Lupatoto spianando la strada alla prima promozione in A2 della Scaligera targata Vicenzi Biscotti) tirando quasi il doppio da 2: 44 tentativi contro 23 triple. Ha vinto nettamente la sfida a rimbalzo, catturando il triplo di extrapossessi dei marchigiani: 15-5.  Una squadra capace di vincere segnando quasi 100 punti, ma anche concedendone 61 a Montegranaro.

L’eco delle critiche strumentali, del lamento forzato si fa sempre più debole e lontana. E la strada per salire sul carro comincia ad affollarsi. Ottimo segnale. Avanti così.

CIAO ALBERTONE

“Quello per cui ho sempre ammirato Alberto Bucci era la straordinaria sintesi che aveva raggiunto tra la sua esperienza umana e la sua professione di coach. L’uomo era il coach, con lo stesso coraggio contro le avversità, la stessa incrollabile fede che lo spirito avrà sempre la supremazia sulla fragilità del corpo, l’impegno di condividere con i suoi la sua passione per la vita. I suoi giocatori hanno avuto da lui il più importante schema per la vittoria, quella su se stessi”. (Valerio Bianchini)

Il ricordo di Alberto Bucci resterà sempre legato in modo indissolubile al trionfo in Coppa Italia. Un mese dopo il coach bolognese avrebbe guidato Verona alla prima promozione in A1, ma l’impresa del 21 febbraio 1991 a Bologna è rimasta unica e irripetibile: nessuno potrà mai eguagliarla. Di quella serata magica mi è rimasta impressa l’immagine di Alberto che – mentre tutta la squadra è in preda all’esaltazione – si avvia con la sua andatura caracollante ad abbracciare un amico nel parterre del Paladozza.

Ma ci sono anche ricordi più intimi. Bucci aveva firmato con la Scaligera ben prima di sfiorare lo scudetto 1989 con Livorno: contratto triennale da 300 milioni all’anno. Nella prima stagione la Glaxo, dopo il doppio cambio di americano Bailey-Michael Henderson-Stokes, chiuse al terzo posto, lasciando la promozione diretta a Torino e Trieste. Poi nei play-out si sarebbe arresa nello scontro decisivo al Palaverde con la Benetton. All’ultima giornata della regular season a Brescia, ininfluente perché i giochi per la promozione erano già fatti, nel dopo gara Albertone, già irritato per il risultato, ci chiese i risultati delle altre partite. Lì per lì non fummo in grado di darglieli, così lui ci apostrofò “che grezzoni che siete a Verona!”. Da allora, con il mio vezzo di dare un soprannome a tutti, Bucci diventò “il Grezzone”, ovviamente in modo affettuoso, utilizzato anche da qualcuno con cui avevo più confidenza nello staff, anche naturalmente se mi guardai bene dall’utilizzare il nickname nelle telecronache…

Chi ha conosciuto bene Alberto Bucci sa che era più severo e duro, con se stesso e con gli altri, dell’immagine che dava all’esterno, ma ovunque dove ha lavorato ha lasciato un profondo segno umano. A Verona pensava – un po’ come il suo predecessore Dado Lombardi – che dovessimo essere “educati”, cestisticamente parlando, a maggior ragione da uno che arrivava da Basket City. Perciò si lasciava andare in lunghi sermoni con i giornalisti. Finché, forse per stemperare la tensione della prima stagione che non andava al massimo, decise che a tavola i rapporti si sarebbero chiariti meglio. Così, con Stefano Alfonsi e me, andammo a pranzo. Quando toccò pagare a noi due, scegliemmo una buona ma normale trattoria del centro. Quando toccò a lui e ci disse di prenotare dove volevamo, un po’ perfidamente puntammo su un ristorante stellato che gli costò un occhio della testa.

Nella stagione trionfale, quando la Glaxo fu definita “la diciassettesima squadra di A1” (e senza l’infortunio a Russel Schoene nei playoff probabilmente ci sarebbero state delle sorprese), decise di chiudere con un anno di anticipo il rapporto con la Scaligera. Aveva capito subito che la Glaxo, con l’uscita di scena di Mario Fertonani, avrebbe ridimensionato l’impegno. Un giorno mi arriva la soffiata che Bucci sta trattando con Pesaro. Mi sembra impossibile, Verona aveva appena vinto la Coppa e stava dominando il campionato, però, fatte le opportune verifiche, diamo la notizia. Il giorno dopo all’allenamento (beati i tempi in cui tutti i giorni andavamo al palazzo…), appena mi vede Alberto dice: “Socmel, non si può neanche andare da Scavolini per comprare una cucina e subito lo sa mezzo mondo!”. Una bugia che confermava tutto.

A Verona lo abbiamo rivisto da presidente della Virtus, già segnato dalla malattia contro la quale ha lottato con la proverbiale tenacia. E’ stato l’allenatore della stella della Virtus, a Bologna ha vinto altri due scudetti. Ha allenato la Nazionale Over, vincendo anche lì. In queste ore non si contano i messaggi di ex giocatori, colleghi (su tutti quello magistrale di Valerio Bianchini), dirigenti, tifosi, anche avversari. Perché Alberto Bucci si era guadagnato soprattutto il rispetto di tutti. Ti sia lieve la terra.

THE MACHINE

“Il vino prepara i cuori e li rende più pronti alla passione”. (Ovidio) 

Nemmeno nei tempi d’oro della Verona dei canestri era mai arrivato a vestire la maglia gialloblù un giocatore con il palmarès di Saša Vujačić. Stiamo parlando di un vincitore di due anelli Nba con i Lakers, che l’anno dopo il secondo titolo passando ai NJ Nets ha tenuto oltre 11 punti di media in 28,5 minuti di utilizzo. Un tipo da 10 stagioni nei pro con 581 partite giocate e una media di oltre 15 minuti.

Un regalo senza precedenti che il patron Gianluigi Pedrollo – legittimamente soddisfatto nonostante questo ennesimo extrabudget – ha fatto ai tifosi gialloblù giusto alla vigilia delle Final Eight di Coppa Italia, quella Coppa Italia che la stella slovena ha vinto l’anno scorso in serie A con Torino, tenendo 12,7 punti di media con la squadra targata Fiat.

Ai Lakers lui e Kobe Bryant erano subito entrati in sintonia perché condividevano la lingua italiana (si narra che il Black Mamba lo abbia più volte insultato in partita nella nostra lingua) e la stessa voglia ossessiva di lavorare in palestra, trovandosi anche per sessioni di allenamento all’alba. Ecco quindi il nickname “The Machine”, la macchina, perchè Vujačić è un professionista ineccepibile quando si tratta di pallacanestro.

Un colpo straordinario anche sotto l’aspetto mediatico, che sorpassa in un amen il precedente arrivo di Logan a Treviso e quello recentissimo di Carlos Delfino alla Fortitudo. Adesso dal pubblico dovrà arrivare una risposta all’altezza degli sforzi della proprietà della Scaligera Basket, giacché con un incasso come quello di sabato scorso contro la Bakery si arriva a malapena a coprire le spese per gli stewards.

Il vicepresidente Giorgio Pedrollo e il g.m. Daniele Della Fiori hanno portato avanti la trattativa con pazienza e tenacia, grazie anche ai buoni uffici del manager veronese Zeno Pisani, che da anni vive a Los Angeles.

E il ruolo di Verona città del vino ha avuto un’influenza determinante, considerata l’attività extracestistica che Vujačić ha avviato nella Napa Valley a Paso Robles con il brand Alexander Wine. E allora brindiamo, rigorosamente con l’Amarone. Dobrodošli Sasha.