DEPRESSIONE

“Un alto e un basso fa un gualivo” (antica espressione popolare).

I 59 punti segnati a Piacenza contro l’Assigeco sono la terza peggior prestazione offensiva dell’era Dalmonte. La Tezenis si fermò a 54 punti l’anno scorso in regular season sul campo della Fortitudo, mentre il record negativo è rappresentato dai 48 punti contro Treviso nel 2017 al Palaolimpia.
Nelle ultime partite dei giganti gialloblù è sempre mancato il classico centesimo per fare un euro. Contro Imola la difesa ha concesso di tutto e di più, quattro giorni dopo a Piacenza l’attacco è stato un pianto. Insomma, uno o l’altro pari sono.
L’impressione è che la sconfitta in volata a Mantova abbia lasciato un segno più profondo del previsto nella testa della squadra. Il linguaggio del corpo, che non sempre va interpretato a tutti i costi ma talvolta lancia segnali da non trascurare, è eloquente: troppe teste basse, troppa rassegnazione, troppo sguardo spento, troppi pasticci. In due parole: confusione e rassegnazione.
Una squadra depressa. Anche l’infortunio a Henderson sta portando degli effetti devastanti. Il giocatore americano – spesso ingenerosamente criticato – oltre ad essere il miglior tiratore da 3 e anche di liberi della squadra, assicurava equilibrio e la sua assenza ha ingarbugliato soprattutto la convivenza tra Amato e Ferguson. Inoltre, coincidenza non casuale, Severini si è ritrovato oberato di responsabilità e nelle ultime tre partite la sua media è crollata a 4,6 punti.
E sul banco degli accusati è salito Jazz Ferguson, che al PalaBanca è incappato nella peggior prestazione stagionale. Proprio contro l’Assigeco sono venuti alla luce i limiti in regia e più in generale si è accentuata quella fragilità a cui ho fatto riferimento nel precedente post.
Dalmonte nella conferenza stampa del dopo-partita ha parlato di “equilibri molto precari, di Dna: equilibri tecnici, morali ed emotivi”. In sostanza la Tezenis ha cavalcato un’onda, infilando una magnifica serie nonostante l’incapacità di chiudere in anticipo tante partite.
Ma gli equilibri precari diventano un problema assai pesante nel momento topico della stagione, quando la “garra” e la durezza mentale fanno la differenza. E questa squadra, forse nata un po’ storta durante l’estate cercando una sorta di compromesso tra le varie anime – tecniche e manageriali – della Scaligera, adesso paga dazio, anche e soprattutto per le assenze pesantissime di Udom e Henderson. Aspettando la guarigione e che arrivi primavera.

FISCHI E FIASCHI

“End is not the end. END means Effort Never Dies” (Anonimo coach – segnalato da Luca Dalmonte) 

In 9 anni di A2 la Scaligera non aveva mai perso in casa subendo più di 100 punti. Anzi, nemmeno in trasferta. L’unica volta con un centello incassato coincise con una grande vittoria al Palaolimpia: 113-105 contro la Virtus di Alessandro Ramagli che poi sarebbe salita in serie A, ma allora fini all’overtime (parziale 26-18). Sulla panchina di Verona c’era già Luca Dalmonte.

Il k.o. con Imola fa male, doppiamente male, ha portato i primi fischi di una parte del pubblico (nella ripesa capitan Amato ha invitato la tribuna a sostenere la squadra in rimonta, trovando in verità scarsa reazione) e porta anche delle sinistre coincidenze. Sulla pagina social dell’Andrea Costa c’è chi si è lasciato andare alla battuta che ha vinto il Dalmonte giusto (Lorenzo, figlio del coach gialloblù e assistente di Di Paolantonio), ma è indubbiamente curioso che questo record negativo sia arrivato per mano della squadra della città di LDM.

Coincidenze a parte e infortunio di Henderson a parte, l’impressione è che si sia rotto qualcosa nel delicato equilibrio della squadra; un gruppo che sembrava avere trovato coesione e compattezza, ma evidentemente le 9 vittorie consecutive sono proliferate su un confine molto sottile e precario, che ha permesso di strappare vittorie sofferte o in clamorosa rimonta come nel trittico Ferrara-Jesi-Montegranaro, poi di piegare Roseto dopo tre supplementari e di sudare un po’ anche sul campo di Cento.

In questo poker di sconfitte pesa soprattutto il sostanziale dominio in tre partite: nella tana della Fortitudo ci poteva stare, ma in casa con Forlì (priva di un americano) e contro Imola, no. E in mezzo la beffa di Mantova.

Il campanello si è acceso per segnalare un allarme, che è nella testa dei giganti gialloblù. Hai voglia di pretendere di resettare una sconfitta bruciante, se 72 ore dopo concedi il 100% da 2 agli avversari nel primo quarto (10/10, mai visto), 14/15 all’intervallo e 10/14 nelle triple. Se subisci più del 70% da 3 forse devi chiamare LBJ per vincere. Eppure nella ripresa la Tezenis è risalita fino a due possessi di distanza, ricadendo però sempre nei soliti errori. A cominciare da una difesa che talvolta si è rivelata in fiasco, concedendo sul p&r centrale reiteratamente e pervicacemente un numero esagerato di scarichi in area, in particolare sul back-door.

Da quello bisogna ripartire per ricompattare una squadra che sembra avere smarrito la fiducia in se stessa. Lasciando da parte l’angoscia e cercando con pazienza le scelte migliori. Ma c’è sempre il rischio che la pazienza del presidente Pedrollo sia arrivata al limite.

PASTICCI E FETICCI

“Ofelè fa el to mesté” (detto popolare milanese) 

“Dopo 9 vittorie consecutive non è che adesso ne perdiamo 9 di fila?”. Battuta colta a Mantova nell’immediato dopo partita del beffardo k.o. nella terra di Virgilio. Della serie: non ci facciamo mancare niente. La sconfitta al Palabam ricorda per certi versi quella a Forlì, con la differenza che questa volta i padroni di casa erano stati al comando per quasi tutto il primo tempo. L’incapacità di tenere il controllo della partita nella ripresa, dilapidando in un amen il +6: sconcertante, per quanto fortunoso, il canestro al volo dell’aggancio di Visconti alla fine del terzo quarto, ma si sa, la fortuna bisogna andarsela a cercare. Poi avanti di 4, la Tezenis ha subito due “1vs1” in un amen che hanno lasciato il segno. E in totale sono stati addirittura 35 i punti concessi a Mantova in quel modo. Fino all’episodio della tripla decisiva di Ferrara, lasciato completamente libero (a Forlì almeno Marini aveva l’uomo addosso), per poi pasticciare sui possessi che avrebbero potuto dare il controsorpasso.

Fin qui l‘analisi della terza sconfitta consecutiva, aggiungendo che nelle settimane precedenti, anche per problemi di allenamento, la squadra aveva molto e a Mantova è mancata la lucidità nel momento topico, e anche un po’ di garra.

Intanto la Tezenis è riuscita a coronare il lungo corteggiamento e a riportare in gialloblù Mitch Poletti, diventato una sorta di “feticcio” per le ambizioni della Verona dei canestri. E DiLiegro é rimasto deluso, sperava di tornare in una delle città più belle del mondo (parole sue), dicendo di non voler avere a che fare con “questi serpenti” (sempre parole sue). Ma i tifosi hanno ringraziato il presidente Pedrollo con tanto di striscione per questo sforzo economico tutt’altro che indifferente e l’accordo biennale rende chiara la programmazione della Scaligera, sebbene le squadre ambiziose saranno sempre in compagnia. I tifosi, si sa, sperano e sognano sempre, del resto – questa è una citazione osvaldobagnoliana – i tifosi fanno i tifosi, l’allenatore fa l’allenatore, i giocatori fanno i giocatori, i dirigenti fanno i dirigenti, i giornalisti fanno i giornalisti. E i pasticceri fanno il loro mestiere.

LA PAROLA D’ORDINE E’ UNA SOLA

“Io i giocatori li metto bene in campo, ma dopo loro si muovono” (Bruno Pesaola, allenatore di calcio)

La sfida con la Fortitudo ha illuso i tifosi gialloblù per pochi minuti poi ha confermato che i bolognesi stanno giocando un campionato a parte, un po’ come quello che sta succedendo con la Juventus nella serie A di calcio.
Il punteggio finale è stato però ingeneroso per la Tezenis che alla fine del terzo quarto era sotto ancora di 9, di 11 a 8 minuti dalla fine, prima di sprofondare al -25 della sirena.
La superiorità della capolista di fatto apre un campionato a parte e Verona ha dimostrato di avere le carte in regola per lottare per la piazza d’onore, quel secondo posto che garantirebbe il miglior schieramento nella griglia dei playoff.
Intanto una cosa è certa, il k.o. del Paladozza con può lasciare il segno sul morale dei giganti gialloblù: “La parola perdere deve essere è sconosciuta” ha detto LDM.
E’ vero che la difesa della coppia Amato-Ferguson ha lasciato molto a desiderare, Dalmonte ha cercato di seminare trappole partendo con la box and one su Hasbrouck, ma è stato Cinciarini – uscendo dalla panchina – a marchiare la prima fuga. Nella ripresa Hasbrouck e Venuto hanno segnato ogni volta che hanno alzato la mano, mentre nella Tezenis nessuno – a parte Candussi – ha giocato una partita almeno sufficiente.
E mai come al Paladozza si è sentita l’assenza di Udom, che resterà fuori dai giochi almeno fino a dopo le Final eight di Coppa Italia. Il sogno di riportare in gialloblù Mitch Poletti cozza contro la ferma volontà della Mens Sana Siena di non liberare il giocatore, nonostante i problemi economici del club toscano.
Per un innesto italiano c’è tempo fino al 28 febbraio, ma è evidente che è necessario andare sul mercato prima possibile, fino all’ultima opzione in ordine di priorità: il ritorno di Dane DiLiegro, fermo dopo la stagione a Forlì.

PACTA SUNT SERVANDA

“Conterò poco, è vero. Disse l’Uno ar Zero. Ma tu che vali? Gnente, propio gnente. Sia ne l’azzione come ner penziero, rimani un coso vòto e inconcrudente. Io, invece, si me metto a capofila de cinque zeri tali e quali a te, lo sai quanto divento? Centomila. E’ questione de nummeri…” (“Nummeri” – Trilussa)

Il filotto, anzi, il filnove, è cosa fatta. La Tezenis di Luca Dalmonte ha eguagliato il record di vittorie consecutive nella nuova era dell’A2. Già, perché nella stagione 1990/91, quella della cavalcata in A1 e del trionfo in Coppa Italia, la Glaxo di Alberto Bucci aprì la stagione con 11 successi di fila: dalla vittoria all’esordio contro Pavia di Oscar fino al colpo a Trapani, prima di fermarsi al Palaolimpia contro la Pallacanestro Livorno.  Solidità e forza mentale sono state le armi che hanno permesso ai giganti gialloblù di costruire questa striscia vincente che eguaglia quella con cui la Tezenis di Alessandro Ramagli inaugurò il campionato 2014/2015.

E adesso possiamo dire che la Verona dei canestri, dopo tre anni e mezzo, può togliersi la scimmia dalla spalla. Ma non finisce qua, ne vedremo ancora delle belle. Intanto il carro (dei vincitori) si affolla e la promessa a coach Dalmonte in occasione del mio vaticinio naturalmente sarà rispettata.

IL BELLO DEL BASKET

“Dedicato a chi capisce quando il gioco finisce e non si butta giù, ai miei pensieri, a come ero ieri e anche per me” (Ivano Fossati – Loredana Bertè)

Dedicato a chi è convinto che Henderson sia il peggior americano venuto a giocare a Verona. Dedicato a chi non accetta che Ferguson parta dalla panchina. Dedicato a chi pensa che da sesto uomo sia un valore aggiunto. Dedicato a chi sostiene che con i Pedrollo non si va da nessuna parte. Dedicato a chi considera la panchina della Tezenis non è all’altezza. Dedicato a chi ritiene che DDF abbia messo in piedi una squadra debole. Dedicato a chi non va più al palazzo perché il gioco di LDM non si può vedere. Dedicato a chi ama i pick and roll. Dedicato a chi li odia. Dedicato a chi detesta 15” di palleggi prima di un tiro. Dedicato a chi non vede grandi passatori in questa Tezenis. Dedicato a chi aspetta ogni settimana che arrivi un rinforzo. Dedicato a chi aveva detto fin da subito che Dieng in quintetto non ci poteva stare. Dedicato a chi pensa che Omar sia stato “bruciato”. Dedicato a chi è convinto che quest’anno si debba salire per forza. Dedicato a chi ama cani, gatti e criceti. Dedicato ai tifosi, che ci hanno creduto, fino alla fine. Dedicato ai ragazzi di Dalmonte e Gandini. Dedicato a chi ama godere. Dedicato al basket.

BOTTE PIENA E MOGLIE UBRIACA

“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità” (Spider-Man – Stan Lee)

Tre vittorie di fila, come doveva essere è stato. Tezenis quinta in classifica, sia pure in nutrita compagnia, in una classifica nella quale basta perdere una partita per rischiare di ritrovarsi fuori dai playoff.
La vittoria con Ferrara è stata molto più sofferta del previsto, con tratti di gioco in totale confusione e troppe amnesie difensive nel primo tempo.
Ma coach Dalmonte è stato molto onesto ammettendo che, come a Forlì la squadra aveva perso pur giocando una buona partita, questa volta ha vinto senza brillare. Ferrara ha dimostrato che si può sopperire ad importanti assenze giocando con energia, intensità, cuore.
Il gioco di Dalmonte non convince ancora, ma la pretesa di vincere, dando spettacolo, magari con largo margine è come la famosa battuta sulla botte piena e la moglie ubriaca. Intanto ha messo la croce sopra a Dieng, al momento il suo lancio in quintetto si è rivelata una scommessa persa, al punto che si parla di un possibile prestito ad un club dove possa avere spazio e fare esperienza.

Il potere di un allenatore è grande, e ovviamente lo sono le sue responsabilità. Aggiungo Come a Piacenza, la Tezenis è stata solida, concreta nel momento topico. Emblema della vittoria la difesa sul possesso cruciale estense, quando Verona era avanti 75-72.
Cinque gialloblù in doppia cifra. Terry Henderson ne ha messi 18 in 30 minuti con il 67% da 2 e il 40% nelle triple. Non male per un debuttante in Europa, considerato da qualcuno un giocatore mediocre, da altri addirittura il peggior americano arrivato a Verona, degno della serie B. La pazienza è la virtù dei forti, o, per dirla alla veronese, tempo e paja maùra anca le nespole.

IL CANE DEL TIFOSO

Anche leggere cose che non si condividono, anche se si ritengono sbagliate, consente e aiuta a riflettere”. (Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica)

Pensieri in libertà (anche troppa, talvolta), raccolti tra il Forum e i social prima e dopo la vittoria con Cagliari.

Henderson è inadeguato per le ambizioni della Tezenis. Ha segnato tanto (sempre lui, Henderson) perché ha giocato contro la squadra più scarsa del campionato. Troppo facile esultare per la vittoria con Cagliari, vediamo a Piacenza e in seguito. Dalmonte deve essere mandato via. Il suo gioco (sempre lui, il coach) è noioso come le interviste dopo-gara. Allenatore troppo cocciuto, si ostina a fare sempre le stesse cose. Quest’anno tutti gli schemi sono nuovi, a parte uno. La Tezenis può solo migliorare, e lo può fare con Dalmonte. Della Fiori è un incapace. Della Fiori avrebbe fatto una squadra diversa. Questa squadra è stata fatta in pieno accordo con il coach e la dirigenza. La Tezenis è solo tiri da 3. Non esiste che Ferguson parta dalla panchina. Quando serve Ferguson gioca e conta quello. Candussi non vede mai la palla. Quarisa è rotto, serve un cambio serio per Candussi. Dieng, bruciato dopo quattro partite. Serve un’ala piccola. Amato non passa mai la palla a Ferguson. Ferguson non passa mai la palla ad Amato. Amato e Ferguson devono giocare di più insieme. Ikangi non gioca più. In spogliatoio c’è un clima pesante. Ferguson non ha feeling con il coach. Se arriva Pozzecco almeno ci sarà da divertirsi ogni volta. Palasport mezzo vuoto, colpa dei Pedrollo. Anche quest’anno non si sale. Accontentiamoci di un turno dei playoff.

Mi fermo qui. Opinioni condivisibili (qualcuna), discutibili (parecchie), assurde (qualche altra). Del resto c’è libertà di espressione, poi invece di andare alla partita (o sentenziare dietro una tastiera) si può sempre portare spasso il cane.

LA RUOTA DEL COLONNELLO

“I accetpt chaos, i’m not sure whether it accepts me” (Bob Dylan)

Partita di C Gold della Cestistica con il Bosco in campo. Si siede accanto a me un vecchio giocatore che è arrivato a buoni livelli, vestendo la maglia della scaligera. E chiede: “Ma com’è che tutti quelli che se ne vanno da Verona senza aver brillato poi diventano dei fenomeni?”. Poi cala il circo da 11: “Quando vedo giocare la Tezenis mi sembra di vedere la mezza ruota del colonnello Gomelski”.
Per gli appassionati più giovani Alexander Gomelsky è stato il leggendario allenatore dell’Armata Rossa Mosca (meglio nota come Cska, che ha guidato per 22 anni) e della Nazionale dell’Unione Sovietica che portò a vincere due Mondiali e le Olimpiadi del 1988 a Seoul, spingendo gli Usa a far nascere il Dream Team.
Battute provocatorie a parte, la Tezenis ha chiuso il ciclo di tre partite in sei giorni con due vittorie e una sconfitta, ma proprio il k.o. casalingo con Piacenza ha lasciato intatte le perplessità sul “sistema-Scaligera” in questo avvio di stagione.
C’è qualcosa che non funziona, se tiri con il 78% da 2, però scegli di tirare di più da 3 (32 contro 27), facendo il 34%. Quando la Tezenis si appoggia al gioco nel pitturato può contare sul totem Candussi, che è una sicurezza. Se riesce a correre, tenendo alta l’intensità offesiva, anche Henderson viene valorizzato. Altrimenti, se resta imbrigliato nel gioco troppo statico, con lunghi e ripetuti palleggi senza muovere la palla, perde molta efficacia offensiva. La ricerca ossessiva dei pick-and-roll non si sta rivelando sempre produttiva, aggiungiamo amnesie incomprensibili ed ecco come si dilapidano vantaggi abissali rischiando di perdere una partita in totale controllo come a Imola, oppure di farsi beffare da una squadra tutt’altro che irresistibile come Piacenza. Emblematica la gestione dell’ultimo possesso (a parte quello della disperazione con 1”74) che sul +1 ha portato al tiro dall’angolo di Henderson, ma anche e soprattutto le palle perse nel quarto conclusivo (sanguinosa quella di Ferguson che poi si è addirittura fermato sulla tripla di Sabatini) e i rimbalzi offensivi concessi all’Assigeco (in una partita fino a quel momento dominata sotto i tabelloni). Disattenzioni che hanno generato 7 tiri in più degli avversari nei 10 minuti finali. Dieng per ora si conferma ancora troppo acerbo per incidere nel ruolo di 3, sul quale la Tezenis ha deciso di investire. Ma le rotazioni rimangono molto ridotte per altri giocatori, mentre Amato pare soffrire la competizione, un po’ come succedeva nella prima parte della scorsa stagione. Per fortuna che Severini, giocatore di rara intelligenza e personalità, finalmente ha trovato il ritmo che gli è più congeniale. Insomma, più cose semplici e meno caos, con i giochi circensi nelle mani del playmaker.
La pazienza è la virtù dei forti, ma c’è il rischio che si dilapidi la dote di entusiasmo costruita l’anno scorso. E’ peraltro vero che al tifoso medio basta poco per raffreddarsi ed il clima dell’Agsm Forum di sabato era davvero deprimente, Locura a parte.
Infine ai posteri l’ardua sentenza sulle fortune ed i riscatti dei giocatori passati in gialloblù, da Cortese a Ricci, da Pini a Palermo e Totè.

INDIZI E PROVE

“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. (Agatha Christie)

La sconfitta di Forlì è stata sanguinosa, ma deve lasciare la consapevolezza che si può solo far meglio. Evito lo sciagurato “siamo in crescita” di pecchiana memoria, tuttavia la trasferta in Romagna, pur nel beffardo epilogo, qualche segnale lo ha dato. La miglior selezione dei tiri, il maggior coinvolgimento di Candussi (che ha dovuto sbattersi anche in difesa su Lawson). E qua ci fermiamo, come ha detto anche coach Dalmonte commentando la gestione dei falli da spendere nel finale al Palafiera.
Perché il rammarico è forte, soprattutto per gli episodi finali, appunto con tre falli da spendere negli ultimi 80 secondi, subendo però la tripla dell’aggancio di Lawson e quella del sorpasso di Marini, probabilmente dopo aver commesso il quarto fallo troppo presto. Ma si sono anche i colpevoli 20” di black-out sul +9, che hanno propiziato la tripla di Donzelli alla ripresa del gioco (con solo 6” a disposizione sul possesso), seguita da Johnson in transizione da una palla persa.
Aggiungiamo Ferguson che si ferma a 8 punti (comunque ingiustificabile anche in una serata con basse percentuali), Severini che si prende 3 tiri in 25’, Udom che troneggia a rimbalzo ma in tutta la ripresa tira solo 3 volte (dopo 11 tentativi fino all’intervallo) e un gruppo che deve prendere assolutamente confidenza a correre di più.
Allenatore e giocatori sono abituati a vivere con la pressione e per scacciare dubbi e preoccupazioni sarà necessario vincere domenica con Mantova. Perché poi incombe un’altra trasferta, a Imola, proprio dove in precampionato si è acceso il campanello d’allarme. Una cosa è certa: il disfattismo non aiuta. Se il calendario avesse mandato la Tezenis a Cagliari e poi in casa con Forlì, probabilmente adesso il clima sarebbe di esaltazione per 4 (verosimili) punti in classifica. Così va il basket, pollastri compresi.